L’art. 1, comma 1, lettera g), del decreto attuativo della delega fiscale recante modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente introduce gli articoli da 7-bis a 7-sexies, con disposizioni in tema di validità e di vizi degli atti dell’Amministrazione finanziaria. Viene infatti disciplinato il regime generale di annullabilità, nullità e irregolarità degli atti, con elencazione dei vizi dell’attività istruttoria e i relativi effetti. Infine, vengono individuati i vizi delle notificazioni. Al riguardo, è opportuno sottolineare come l’ordinamento tributario, a differenza di quello civile ed amministrativo, non contiene norme generali che identificano con precisione i vizi dell’atto impositivo (o, più a livello generale, dell’atto dell’Amministrazione finanziaria) e le relative conseguenze. Con particolare attenzione poi alla nullità, è prevista tale sanzione solo in casi espressamente previsti: ad esempio, qualora gli avvisi di accertamento non motivati o sottoscritti ovvero privi di alcune indicazioni essenziali, come le aliquote applicate ai sensi dell’art. 42, comma 3, D.P.R. n. 600/1973. Tuttavia, nell’orientamento giurisprudenziale la categoria della nullità tributaria non implica l’inefficacia dell’atto: esso, ancorché viziato, produce gli effetti propri, salvo la possibilità di impugnarli e successivamente di essere annullati. Ma dall’altro lato, la categoria delle nullità-annullabilità degli atti tributari, sempre seguendo il solco giurisprudenziale, non coincide con l’orientamento del diritto amministrativo. Da qui va anticipato come il consolidato indirizzo della Cassazione (n. 22800/2015; n. 22803/2015; n. 22810/2015) non ha considerato, in linea di principio, automaticamente invalidi (ossia nulli-annullabili) tutti gli atti amministrativi adottati in violazione della legge. La Corte ha infatti applicato invece il principio di tassatività per cui la sanzione deve essere espressamente prevista dalla norma di legge o deve essere conseguenza della lesione di un qualche diritto del contribuente, tra cui una violazione del domicilio o del diritto al contraddittorio in sede amministrativa. Nullità dei provvedimenti amministrativi Il tema del procedimento amministrativo e del diritto di accesso ai documenti è regolato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 che all’art. 21-septies si occupa appunto delle nullità del provvedimento. Infatti, la norma dispone che sia nullo il provvedimento amministrativo carente degli elementi essenziali, il quale risulti viziato da difetto assoluto di attribuzione, adottato in violazione o elusione del giudicato, “nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”. Tale disciplina, applicabile anche in campo tributario, va necessariamente coordinata con lo Statuto dei diritti del contribuente, di cui alla legge n. 212/2000, in particolare con gli articoli 7, comma 1, e 12, comma 7. Nullità dell’avviso di accertamento: focus tra normativa e giurisprudenza Qui però non si può non richiamare l’art. 42, D.P.R. n. 600/1973 secondo cui l’avviso di accertamento è affetto da nullità se non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione e ad esso non è allegata la documentazione prevista dall’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 42 stesso ossia in caso di motivazione che faccia riferimento a un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo dovrà essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. Quanto alla nullità relativa alla sottoscrizione, l’avvento della firma digitale ha portato a un’evoluzione della giurisprudenza. Qui si è formato un orientamento assai solido secondo cui la notificazione della copia analogica di un atto impositivo è legittima se la sua conformità all’originale informatico sia attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, siccome tale attestazione è sufficiente a dimostrare l’avvenuta sottoscrizione dell’atto, conferendogli un valore probatorio equiparato all’originale informatico; viceversa l’avviso di accertamento, notificato in formato cartaceo, contenente la sola indicazione “firmato digitalmente” in corrispondenza del nominativo del funzionario, ma privo dell’attestazione di conformità, è nullo proprio ai sensi dell’art. 42, comma 3, D.P.R. n. 600/1973 in quanto privo di sottoscrizione (Cass. n. 24681/2022; Corte di Giustizia tributaria I° grado Siracusa n. 1750/2023). Sempre in tema di sottoscrizione, con particolare attenzione alle imposte sui redditi e all’IVA, l’avviso è nullo se il contenuto della delega di firma emessa dal capo dell’ufficio, in via generale, non è stato rispettato dal sottoscrittore nel caso concreto (Cass. n. 32386/2022). Quanto all’obbligo di motivazione, invece la Cassazione ha ritenuto che esso risulti assolto dal fisco, nel caso di un atto impositivo notificato al contribuente dichiarato fallito, ove tale atto faccia riferimento a un PVC precedentemente notificato al curatore del fallimento, siccome l’atto presupposto deve ritenersi agevolmente conoscibile dal contribuente assoggettato a procedura liquidatoria concorsuale in virtù del suo diritto di accedere agli atti del relativo procedimento concorsuale (Cass. n. 23696/2022). Di recente poi la Cassazione ha sancito la nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza che ne ha determinato l’adozione. E ciò senza che al criterio si possa derogare nel caso che il contribuente presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dall’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 siccome, ai sensi di tale norma, solo con lo scadere di tale termine, si consuma la facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore (Cass. n. 26932/2022). Patologie degli atti impositivi: cosa emerge? Facendo un passo indietro, occorre soffermarsi sull’ampia categoria delle “patologie” degli atti di imposizione che pone, al primo posto, l’inesistenza giuridica, definita anche come nullità radicale e insanabile, la quale può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado. Visto lo scarso intervento legislativo, la giurisprudenza è intervenuta varie volte per perimetrare sempre più le ipotesi. Da qui sono stati così individuati casi di nullità radicale, o meglio di inesistenza giuridica, che possono essere così inquadrati nel difetto della qualità dell’organo pubblico del soggetto, nella mancata individuazione del destinatario, nell’incompetenza funzionale, nell’omessa notifica, nell’omessa sottoscrizione, nella mancanza o indeterminabilità del dispositivo o sua incompletezza in elementi essenziali. Nullità degli atti dell’Amministrazione finanziaria: novità all’orizzonte? La “revisione” dello Statuto dei diritti del contribuente vede anche importanti novità in tema di introduzione della categoria delle “nullità” degli atti del fisco. Infatti, all’interno dello schema di decreto legislativo di riforma dello Statuto dei diritti del contribuente il nuovo art. 7-ter dispone che i vizi di nullità, qualificati espressamente come tali da norme di legge successive alla data di entrata in vigore di tale norma, potranno essere sempre eccepiti in sede amministrativa o giudiziaria. Quindi, sia davanti agli uffici dell’Amministrazione finanziaria sia dinnanzi alle Corti di Giustizia tributaria, il contribuente potrà sollevare la nullità dell’atto, purchè tale previsione sia contenuta in apposita norma. Ma vi è di più. Infatti, il nuovo art. 7-ter aggiunge che tali nullità potranno essere rilevate d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio. Cosicché, le Corti di Giustizia tributaria, sia di I° che di II° grado, potranno agire di propria iniziativa e, indipendentemente dallo stato o fase del giudizio, rilevare direttamente la nullità dell’atto dell’Amministrazione finanziaria, anche se il contribuente non avesse formulato idonea eccezione. Infine, va posta l’attenzione sull’ultima parte della norma che riconosce al contribuente il diritto alla ripetizione di quanto versato, fatta salva la prescrizione del credito. Con ciò si è voluto quindi riconoscere al contribuente il diritto a chiedere la ripetizione di quanto eventualmente versato in forza di un atto risultato poi nullo.