Con la legge di Bilancio 2024 approvata dal Senato si consuma l’ennesima, frettolosa, risistemazione di una norma che avrebbe meritato una riflessione più organica e al contempo si va a risolvere un problema pratico sulla trasmissione delle aliquote IMU al portale del federalismo fiscale con una norma tampone per il 2023 e una, invece, di revisione, a regime, del sistema. Il comma 71 e seguenti del disegno di legge interviene interpretando retroattivamente le previsioni normative disposte dall'art. 1, comma 759, lettera g), legge n. 160/2019, nonché le norme da questo richiamate o sostituite nel senso di ammettere l’esenzione: (i) per il “possesso mediato” degli immobili concessi in comodato e (ii) per l‘utilizzo anche in “assenza di esercizio attuale delle attività”. Il testo approvato interviene poi sui termini di trasmissione delle aliquote e dei regolamenti IMU per l’anno 2023 in conseguenza delle difficoltà in cui sono incorsi circa 211 Comuni prevedendo a regime che, a decorrere dall'anno 2024, nel caso in cui i termini del 14 ottobre e del 28 ottobre disposti dall’ordinamento per l’invio scadano nei giorni di sabato o di domenica, gli stessi sono prorogati al primo giorno lavorativo successivo. Intervento interpretativo sul “possesso mediato” dell’immobile: quadro normativo Il problema affrontato è quello di riconoscere l’esenzione IMU (ma riguarda anche l’ICI per il passato) per gli immobili posseduti dagli enti del Terzo settore ma concessi in uso ad altri soggetti che pure svolgono finalità ritenute meritevoli di incentivazione dall’ordinamento. Un complicato groviglio di norme che, con riferimenti incrociati, non semplifica certo la vita degli enti del Terzo settore da una parte e dei Comuni dall’altra nell’accordare un’esenzione contraria al diritto vivente formulato dall’interpretazione della Cassazione che ha guidato in questi anni l’applicazione della norma prima di questa sua “nuova” interpretazione. Sull’uso “mediato” del bene oggetto di esenzione si sono registrate nel tempo diverse posizioni. In principio, in regime di ICI il MEF con una lettura “evolutiva” della norma, operata dalla risoluzione 4/DF del 4 marzo 2013, ha ritenuto che potesse trovare applicazione l’esenzione laddove l’immobile fosse concesso a un altro ente non commerciale per una delle attività meritevoli previste dall'art. 7, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 504/1992. Un primo orientamento della Cassazione è rinvenibile nella sentenza n. 25508/2015 che ammette l’esenzione in capo al possessore in presenza di un contratto di comodato. Tuttavia, tra i due soggetti (possessore e utilizzatore), entrambi enti non commerciali, sussisteva nel caso oggetto di giudizio “un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei medesimi fini istituzionali”. Secondo la Cassazione quindi l'attività istituzionale del comodatario rappresentava una diretta attuazione dei compiti istituzionali del comodante e quindi i due soggetti avevano una “compenetrazione” soggettiva e appartenevano alla medesima “architettura strutturale”. Si tratta in buona sostanza di un indirizzo interpretativo che potrebbe essere considerato “eccezione alla regola” dal momento che l’intervento interpretativo è ben circoscritto e delimitato. La Cassazione ha poi, in generale, costantemente affermato che l’utilizzo “diretto” dell’immobile da parte del soggetto possessore è condizione per poter usufruire dell’esonero e la gratuità della concessione a terzi non è rilevante né tantomeno è dirimente l’uso che l’utilizzatore fa dell’immobile, dal momento che lo stesso non è il soggetto passivo (Cassazione n. 8073/2019, n. 13691/2019, n. 3245/2021, n. 1539/2021, n. 15372/2021, n. 9444/2023). Con la legge n. 160/2019, nel riformare l’IMU il legislatore riprende (art. 1, comma 759, lettera g) l’esenzione della disciplina ICI per gli immobili posseduti dagli enti non commerciali e al tempo stesso dispone (art. 1, comma 777, lettera c) una facoltà di esenzione che i Comuni possono attuare nei propri regolamenti per gli immobili dati in comodato gratuito al Comune o ad altro ente territoriale o ad ente non commerciale esclusivamente per l’esercizio dei rispettivi scopi istituzionali o statutari. Tale ultima previsione si caratterizza dunque per essere applicata anche a immobili di proprietà di soggetti diversi dagli enti non commerciali (società, privati) prevedendo unicamente che il beneficiario posa essere anche il Comune o un altro ente territoriale e che le attività svolte in tali immobili devono rientrare tra quelle istituzionali/statutarie degli enti non commerciali e quindi non più solo quelle di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 504/1992. Si tratta quindi di una disposizione diversa perché facoltativa e più ampia rispetto a quella oggetto dell’interpretazione retroattiva che, invece, azzera, sostanzialmente, l’intera giurisprudenza formatasi sull’utilizzo mediato. Il testo dei commi 71 e seguenti della legge di Bilancio 2024 presenta diversi problemi, in primo luogo di ordine pratico-operativo dovendo i Comuni procedere al rimborso delle eventuali somme incamerate e nulla prevedendo la norma in tal senso in termini di ristoro o di quantificazione finanziaria; in secondo luogo, di ordine logico-sistematico dal momento che oggi l’ordinamento si trova ad avere diverse disposizioni concorrenti al fine di disporre l’esenzione degli immobili posseduti dagli enti del Terzo settore che andrebbero coordinate e armonizzate e che dovrebbero trovare l’unico spazio di disciplina nella legge dell’IMU (per cui l’intervento legislativo avrebbe potuto essere l’occasione di uno snellimento ed efficientamento delle norme). Occorre ricordare come l’art. 82 del Codice del Terzo settore (D.Lgs. n. 117/2017), che prevede al comma 6 l’esenzione per l’IMU (ma anche per la TASI oramai abolita) per “gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali”, fa riferimento per l’individuazione di tali soggetti a quella dettata dall'art. 79, comma 5, e ancora poi la concessione dell’esenzione alle condizioni e ai limiti previsti dall'art. 7, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 504/1992, all'art. 9, comma 8, secondo periodo, D.Lgs. n. 23/2011, all'art. 91-bis, D.L. n. 1/2012 e all'art. 1, comma 3, D.L. n. 16/2014 e relative disposizioni di attuazione. L’interpretazione stringente di tale norma, trattandosi di norma di esenzione, potrebbe portare a un ambito di soggetti diverso rispetto a quello prefigurato dalla stessa, e ciò in relazione al richiamo all'art. 79, comma 5 del medesimo codice che pure stabilisce modalità e criteri per l’individuazione dei soggetti che possono essere considerati “enti non commerciali”. Sicché per l’applicazione della norma il soggetto passivo dovrebbe rispettare tanto le previsioni del CTS tanto le seppur simili previsioni dell'art. 7, comma 1, lettera i), D.Lgs. n. 504/1992 che però, in ordine ai soggetti, fa riferimento all'art. 73, comma 1, lettera c), TUIR. Allo stesso tempo l'art. 1, comma 759, lettera g), legge n. 160/2019, nel prevedere l’esenzione per gli immobili posseduti e utilizzati, fa riferimento a quei soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell'art. 7, D.Lgs. n. 504/1992, e quindi, ancora una volta, all'art. 73, comma 1, lettera c), TUIR, e cioè agli “enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché' gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato”. Orbene dal raffronto con la disciplina del Terzo settore emerge, ad esempio, il problema relativo all’impresa sociale, che svolge attività rientranti nell’ambito dell’art. 5 CTS ma che non può essere ricompresa nella definizione del TUIR. Queste riflessioni di ordine sistematico relative alla corretta individuazione del soggetto sono funzionali e presupposte anche alla fattispecie oggetto della novella, dal momento che la corretta individuazione e parametrazione del soggetto che può direttamente godere dell’esenzione, laddove sparsa in diverse forti normative, trascina con sé anche la fattispecie oggetto dello specifico intervento. L’interpretazione autentica sul “possesso mediato” La legge di Bilancio 2024 interviene interpretando l'art. 1, comma 759, lettera g), legge n. 160/2019 e con una ampia e corretta formulazione anche le norme da questo richiamate o sostituite prevedendo, ai sensi di quanto dispone lo Statuto dei diritti del contribuente per le norme di interpretazione autentica, che “a) gli immobili si intendono "posseduti" anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente e a condizione che il comodatario svolga nell'immobile esclusivamente le attività previste dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con modalità non commerciali”. I tratti caratterizzanti l’interpretazione autentica sono riassumibili come segue: l’esenzione IMU ai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell'art. 7, D.Lgs. n. 504/1992 può essere concessa anche in caso di “possesso mediato” per il tramite di un altro soggetto a cui l’immobile è concesso in comodato; il comodatario deve essere “funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente”; il comodatario deve svolgere nell'immobile “esclusivamente le attività previste dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con modalità non commerciali”. Il legislatore non chiarisce che il comodato deve essere a titolo gratuito e quindi l’applicazione della norma di interpretazione autentica dovrebbe portare a ricomprendere nella fattispecie anche i comodati onerosi. Va poi precisato che la parola “posseduti” oggetto di intervento di interpretazione, deve essere intesa ai sensi del comma 743 dell’art. 1, legge n. 160/2019 che individua i soggetti passivi IMU e quindi in relazione al diritto di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi. “Utilizzo anche in assenza di esercizio attuale delle attività”: interpretazione autentica Il legislatore interviene poi con la seconda fattispecie di interpretazione autentica stabilendo che “b) gli immobili si intendono "utilizzati" quando strumentali alle destinazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità”. In definitiva con questa previsione viene disposta una diversa e più ampia esenzione dal momento che il chiarimento entra proprio nell’oggetto della fattispecie che per essere realizzata, secondo la stretta e chiara previsione della legge - il che porterebbe a dire in claris non fit interpretatio - è vincolata all’esercizio di una attività all’interno dell’immobile esentato. Risulta abbastanza complicato comprendere come possa essere strumentale un immobile all’interno del quale non è esercitata alcuna attività. Forse il legislatore avrebbe voluto fare riferimento all’inutilizzo temporaneo? L’utilizzo dell’aggettivo “attuale” oltretutto non chiarisce né aiuta a delimitare la fattispecie. Il mancato esercizio dell’attività quando può essere tale da non determinare la cessazione definitiva della strumentalità? Appare evidente come questa interpretazione risulti esorbitante rispetto alla disposizione che ambisce a interpretare ma che, di fatto, riscrive con effetti retroattivi individuando un presupposto dell’esenzione in netto contrasto con lo spirito della norma originaria. La disposizione vuole agevolare i soggetti che utilizzano l’immobile per finalità specifiche e ben determinate, non i soggetti che detengono semplicemente l’immobile senza utilizzarlo. Remissione in termini per la trasmissione delle delibere IMU Il legislatore prende atto del fatto che ben 211 Comuni hanno pubblicato in ritardo le delibere IMU. Il caos creato sull’applicazione del prospetto delle aliquote probabilmente è la causa maggiore, come pure altri elementi fisiologici della patologica attività di approvazione di atti di fine anno che costringe i funzionari a veri tour de force. Il problema non sorgeva laddove le delibere avessero confermato le aliquote 2022, ponendosi solo laddove le stesse avessero disposto aumenti. Infatti, la mancata pubblicazione entro i termini comporta l’applicazione delle aliquote dell’anno precedente, con la conseguenza che l’ente non avrebbe potuto incassare i maggiori introiti previsti nella deliberazione e avrebbe dovuto far fronte alla perdita di bilancio non recuperabile. In disparte poi l’accertamento delle responsabilità per i soggetti che non hanno adempiuto tempestivamente. E quindi la norma salvifica (commi 72-74) dispone che limitatamente all'anno 2023, le delibere regolamentari e di approvazione delle aliquote e delle tariffe sono tempestive, se inserite nel portale del federalismo fiscale entro il 30 novembre 2023 mentre il termine per l'acquisizione della loro efficacia è fissato al 15 gennaio 2024. Si tratta quindi di una doppia deroga, la prima in ordine alla tempestività dichiarata in maniera postuma dalla norma, la seconda in relazione alla efficacia della pubblicazione che viene ad essere spostata al 15 gennaio per consentire agli enti gli adempimenti necessari alla attuazione della manovra tariffaria ed ai contribuenti di pagare il dovuto con le nuove aliquote. Il legislatore dispone inoltre che l'eventuale differenza positiva versata, calcolata sulla base degli atti pubblicati entro il 18 dicembre 2023 è dovuta senza applicazione di sanzioni e interessi entro il 29 febbraio 2024. Mentre nel caso in cui emerga una differenza negativa, il rimborso è dovuto secondo le regole ordinarie. A tali disposizioni tampone si accompagna anche una previsione di modifica strutturale dell’adempimento della trasmissione disponendo che a decorrere dall'anno 2024, nel caso in cui i termini del 14 ottobre e del 28 ottobre di cui all'art. 13, comma 15-ter, D.L. n. 201/2011 e all'art. 1, commi 762 e 767, legge n. 160/2019, scadono nei giorni di sabato o di domenica, gli stessi sono prorogati al primo giorno lavorativo successivo.