È ammessa la retrodatazione contabile e fiscale di una fusione transfrontaliera di soggetti che redigono il bilancio secondo i principi internazionali e la trasformazione della subsidiary in branch dopo la fusione non blocca il consolidato. Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la risposta n. 486 del 29 dicembre 2023. Il comma 9 dell'art. 172 dispone che "L'atto di fusione può stabilire che ai fini delle imposte sui redditi gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l'ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l'ultimo esercizio della società incorporante". Relativamente alla disposizione appena riportata, come è stato precisato dall'Amministrazione finanziaria nella risposta n. 405 del 10 ottobre 2019, "(...) giova osservare che la disposizione normativa che disciplina la retrodatazione fiscale è stata prevista già dall'articolo 123 del vecchio TUIR (oggi articolo 172), laddove la relazione governativa, nel giustificarne l'introduzione sulla base di una costante interpretazione, anche dell'Amministrazione finanziaria, riteneva che detta retroattività rispondesse ad incoercibili esigenze contabili e non potesse, quindi, non riflettersi anche nella sfera tributaria, in un sistema di "derivazione" del reddito imponibile dalle risultanze delle scritture contabili. In accordo con la prassi contabile, prima ancora che con la normativa civilistica, il legislatore tributario ha previsto la facoltà diretrodatare gli effetti fiscali della fusione per facilitare la predisposizione della dichiarazione dei redditi. La retrodatazione contabile e quella fiscale rispondono, pertanto, ad esigenze di semplificazione tra loro strettamente interconnesse, consistenti nella possibilità offerta alle società partecipanti a un'operazione di fusione di determinare in modo unitario il risultato civilistico e fiscale nel periodo compreso fra l'inizio dell'esercizio (e del periodo d'imposta) e la data di efficacia reale della fusione, attraverso l'elaborazione di un unico bilancio e di un'unica dichiarazione dei redditi per il periodo d'imposta in cui ha efficacia la fusione". In linea generale, in base a quanto sopra riportato, la retrodatazione degli effetti fiscali di un'operazione di fusione deve operare laddove, in conformità ai principi adottati per la redazione del bilancio d'esercizio, sia consentita e praticata la retrodatazione degli effetti contabili dell'operazione. D'altro canto, non si può trascurare la circostanza che nelle operazioni di fusione intracomunitarie, l'art. 179 del TUIR che disciplina, sotto il profilo fiscale, queste operazioni si limita a rinviare all'art. 172 del TUIR, disposizione rivolta alle fusioni domestiche, senza operare l'opportuno adeguamento che tenga conto delle regole di localizzazione e quantificazione del reddito di impresa. Come noto, le operazioni straordinarie possono determinare o meno l'interruzione anticipata del regime del consolidato nazionale prima del compimento del triennio, con gli effetti previsti dall'art. 124 del TUIR. Con specifico riferimento all'interruzione della tassazione di gruppo, l'art. 124 del TUIR disciplina gli effetti che si verificano "se il requisito del controllo, così come definito dall'articolo 117, cessa per qualsiasi motivo prima del compimento del triennio". La normativa secondaria ha previsto specificamente le ipotesi in cui il regime della tassazione di gruppo non si interrompe (cfr. art. 11 del Decreto Attuativo), differenziandole da quelle nelle quali, invece, lo stesso regime viene meno (cfr. art. 124, comma 5, del TUIR e art. 13 del Decreto Attuativo). Orbene, il Decreto Legislativo n. 147 del 14 settembre 2015 (c.d. Decreto Internazionalizzazione) ha apportato una serie di significative modifiche sostanziali al regime di consolidato fiscale, volte ad ampliarne l'ambito applicativo, con il fine di adeguare il medesimo alle indicazioni della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. In particolare, l'articolo 6 del Decreto Internazionalizzazione ha inserito il comma 2-ter nell'articolo 117 del TUIR, il quale prevede che "i soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), controllati ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, possono esercitare l'opzione di cui al comma 1 in qualità di controllata mediante una stabile organizzazione come definita dal comma 1-bis dell'articolo 120" mentre il comma 1-bis dell'articolo 120 del TUIR stabilisce che "si considerano altresì controllate le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato, come definite dall'articolo 162, dei soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), residenti in Stati appartenenti all'Unione europea ovvero in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, che rivestono una forma giuridica analoga a quelle di cui al comma 1, con i requisiti di cui al medesimo comma". In sostanza, come chiarito nella circolare n. 40/E del 26 settembre 2016, i soggetti residenti in Stati UE/SEE, controllati ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numero 1, del codice civile da soggetti residenti nel territorio dello Stato o in Stati UE/SEE o in Stati extra UE con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione che consenta un adeguato scambio di informazioni, possono esercitare l'opzione per il consolidato in qualità di controllate mediante una stabile organizzazione come definita dal comma 1-bis dell'articolo 120 del TUIR. Tale ultima norma stabilisce che si considerano controllate le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato dei soggetti residenti in Stati UE/SEE, a condizione che questi ultimi (di seguito anche "controllate UE/SEE"): a) rivestano una forma giuridica analoga a quelle di cui al comma 1 del medesimo articolo 120 del TUIR, vale a dire analoga alle forme di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata; b) abbiano i requisiti di cui al medesimo comma 1, vale a dire che la controllante residente nel territorio dello Stato o in altri Stati UE/SEE o in uno Stato extra UE convenzionato partecipi al capitale sociale e all'utile di bilancio della controllata UE/SEE per una percentuale superiore al cinquanta per cento. Il requisito relativo all'analogia della forma giuridica della controllata UE/SEE a quella delle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si considera verificato nel caso in cui il soggetto non residente rivesta una delle forme giuridiche di cui all'Allegato 1, Parte A, della Direttiva 2009/133/CE del Consiglio del 19 ottobre 2009 (c.d. Direttiva Fusioni) e della Direttiva n. 2011/96/UE del Consiglio del 30 novembre 2011 (c.d. Direttiva Madre-Figlia). La circolare n. 40/E del 2016 precisa, inoltre, che nonostante l'articolo 117, comma 2-ter, del TUIR, nell'ammettere la stabile organizzazione in veste di controllata, non richieda espressamente che quest'ultima eserciti un'attività d'impresa ai sensi dell'articolo 55 del TUIR (a differenza di quanto previsto per la stabile organizzazione consolidante), un'interpretazione logico-sistematica impone di includere tale requisito fra quelli necessari affinché la stabile possa essere consolidata. Dunque, le stabili organizzazioni in possesso dei requisiti sopra descritti possono aderire alla tassazione di gruppo in qualità di consolidate. Ciò premesso, alla luce delle su esposte modifiche, le disposizioni contenute negli artt. 124, comma 5, del TUIR, e 13, comma 1, lett. f), del Decreto Attuativo, laddove prescrivono l'interruzione del consolidato fiscale nell'ipotesi in cui la controllata/consolidata venga fusa per incorporazione in una società esterna al consolidato, necessitano di un adeguato coordinamento normativo, atteso che nel contesto normativo dell'epoca in cui sono state formulate le stabili organizzazioni non potevano partecipare al regime in veste di consolidate.