Locazione commerciale risolta: canoni non percepiti tassabili fino alla registrazione della risoluzione

Anche quando il contratto di locazione è risolto, i canoni di locazione di immobili commerciali non percepiti sono soggetti a imposizione fino a che non viene registrata la risoluzione. A nulla rileva, in questo contesto, la dichiarazione del conduttore che confermi il mancato pagamento dei canoni. Questo rigoroso principio è stato sancito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 746 del 9 gennaio 2024, che conferma un orientamento già accolto dalla Suprema Corte (Cass. 30 dicembre 2021 n. 41954). Prima di tutto, è utile ricordare che l’art. 26 del TUIR prevede (con alcune eccezioni valide per gli immobili abitativi) l’imponibilità dei canoni di locazione “indipendentemente dalla percezione”. Con riferimento ai contratti di locazione di immobili commerciali (come quello oggetto della pronuncia in esame), quindi, i canoni sono imponibili anche se non percepiti, ma solo finché sia in vita il contratto. A prescindere dall’eventuale disposto di norme eccezionali, infatti, il presupposto per l’imponibilità dei canoni di locazione è comunque l’esistenza di un contratto di locazione che configura, per l’appunto, il titolo per la percezione dei canoni. Pertanto, come riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale 27 giugno 2000 n. 362, la risoluzione del contratto di locazione preclude in radice l’imposizione sui canoni, consentendo il prelievo solo sulla rendita catastale. Questi principi vengono ribaditi dalla Cassazione, che ricorda che “anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, fino a che non sia intervenuta la risoluzione del contratto [...] atteso che il criterio di imputazione di tale reddito è costituito dalla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva percezione” (cfr. Cass. n. 20661/2020). Tuttavia, con riferimento alla prova della risoluzione (che bloccherebbe la tassazione dei canoni, facendone venire meno il presupposto impositivo), la Suprema Corte, nell’ordinanza in commento, assume una posizione alquanto rigorosa, ribadendo un principio già affermato in passato (Cass. n. 15352/2021). Secondo la Cassazione, infatti, solo a seguito della registrazione della risoluzione i canoni di locazione non sono più soggetti a imposizione e può essere assoggettata a imposta la sola rendita catastale. Tale conclusione deriva dal seguente ragionamento: la registrazione degli eventi successivi alla registrazione del contratto di locazione (tra i quali si annovera anche la risoluzione del contratto) è un obbligo sancito dal combinato disposto degli artt. 3 e 17 del DPR 131/86; per questo motivo, la risoluzione della locazione, anche se stipulata verbalmente, va registrata entro 30 giorni. Ne deriva che all’omissione dell’obbligo di registrazione dell’accordo risolutivo “consegue il persistere dell’obbligazione tributaria”, perché la mancata esecuzione della formalità di registrazione “rende tale atto, con specifico riferimento alla presunta data della risoluzione del contratto, inopponibile all’Amministrazione finanziaria”. In particolare, secondo la pronuncia in commento, la mancata registrazione osterebbe non tanto alla prova della risoluzione, quanto impedirebbe di fornire data certa alla risoluzione medesima. A riprova del proprio assunto, la Suprema Corte porta il disposto dell’art. 2704 c.c., a norma del quale “la data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l’hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento”. Per questo motivo, posto che l’Amministrazione finanziaria va considerata “soggetto terzo” ai fini dell’art. 2704 c.c., in quanto è “titolare di un diritto di imposizione in qualche misura collegato al negozio documentato e suscettibile di pregiudizio per effetto di esso” (Cass. n. 15352/2021), la data della risoluzione della locazione non le può essere opposta se non registrata. Quindi, dato che nel caso di specie, trattandosi di un contratto di locazione di immobili commerciali, non valevano le eccezioni previste dall’art. 26 del TUIR e dato che la risoluzione del contratto di locazione era stata registrata solo nel 2008, i canoni previsti dal contratto per il 2007 dovevano concorrere alla formazione del reddito del locatore anche se non percepiti, a nulla rilevando la data della scrittura privata di risoluzione (anteriore alla registrazione) che non era opponibile all’Amministrazione finanziaria. Non può non rilevarsi tuttavia che, in astratto, in coerenza con l’ultimo periodo dell’art. 2704 c.c., dovrebbero ammettersi altri strumenti per fornire la data certa, oltre alla registrazione del contratto.

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