Il venditore del macchinario i cui sistemi di sicurezza sono difettosi risponde penalmente anche in presenza di positiva certificazione del macchinario in relazione alle misure di sicurezza e conoscenza dell’acquirente del difetto. Lo prevede la Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 1959 del 17 gennaio 2024. IL FATTO La vittima, di professione marmista, aveva acquistato un trattore stradale dopo aver vinto una gara d'appalto comunale per la rimozione della neve dalle strade. Il giorno dell'infortunio mortale, egli doveva effettuare alcuni interventi di manutenzione sul macchinario (riparazione di un tubo dell'olio); quest'ultimo era risultato certamente privo della barra di sicurezza che avrebbe impedito la discesa improvvisa del braccio e della benna; il macchinario era lo stesso che l'imputato aveva messo in vendita on line e che era stato consegnato alla ditta che, però, si era limitata a custodire la macchina per il tempo necessario a verificare la copertura dell'assegno. Anche nella foto pubblicata per l'offerta in vendita, il macchinario era privo del dispositivo di sicurezza che, del resto, non era stato rinvenuto presso la vittima; la ditta aveva fatto solo da tramite tra venditore e acquirente, senza assumere alcun onere di verifica della regolarità del macchinario; i consulenti avevano concordato sulla causa del sinistro anche se, a parere di quello del PM, la vittima aveva causato una discesa più repentina della benna tagliando un tubo dell'olio sbagliato, secondo il consulente della difesa, invece, la vittima sarebbe stata intenta ad apportare una modifica strutturale al macchinario e non a effettuare una semplice riparazione, avendo la vittima conosciuto il difetto del macchinario stesso, come dimostrato dalla predisposizione di un trespolo per frenare la caduta della benna e dal cerchio disegnato sul manuale d'uso, proprio in corrispondenza della dicitura relativa al dispositivo di sicurezza mancante. La Corte d'appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale che aveva condannato il venditore per omicidio colposo, ha ridotto la pena. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Sul punto, gli Ermellini osservano come il venditore avrebbe dovuto consegnare all'acquirente, professionale o privato, un bene in possesso dei requisiti di sicurezza prescritti dalla normativa, ciò valendo a maggior ragione per il gestore di una ditta specializzata nel commercio di macchinari da lavoro, anche in conformità alla regola di cui all'art. 6, comma 2, d.Lgs. n. 626/94. Ora, premesso che era stata contestata all'imputato anche una colpa generica, nella specie la Corte aveva ritenuto che la condotta contestata costituisse violazione anche di regole cautelari specifiche, per avere il titolare della ditta specializzata nel commercio di macchinari da lavoro, fornito all'acquirente un macchinario non conforme alle norme di sicurezza, contravvenendo anche agli obblighi che il codice civile impone al venditore. In effetti, la norma della cui violazione si discute va ravvisata più correttamente in quella che fa carico al fabbricante e al fornitore di macchinari di mettere in circolazione attrezzature di lavoro, dispositivi individuali ed impianti rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro (art. 23 d.Lgs. n. 81/2008), ma si tratta di norma che riproduce esattamente l'abrogato art. 6, comma 2, d.Lgs. n. 626/1994. In ogni caso e risolutivamente, a prescindere dal rinvio alle norme del codice civile sulla vendita, nella specie la morte era stata conseguenza dell'impiego di un macchinario ad uso lavorativo cosicché, qualora un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell'imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi (sez. 4, n. 2494 del 3712/2009, dep. 2010, Castelletti). Costituisce infatti principio consolidato quello secondo il quale, ove un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine od impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell'imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi (Sez. U, n. 1003 del 23/11/1990, dep. 1991, Tescaro). Il principio è stato successivamente ripreso, riconoscendosi la responsabilità del venditore allorquando, pur essendo conoscibile la non conformità del macchinario alle prescrizioni in tema di sicurezza, egli non si sia attivato per eliminare la difformità prima della vendita (sez. 4, n. 35295 del 23/4/2013, Bendotti, in fattispecie in cui e stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo del venditore di una minipala in abbinamento con una benna miscelatrice, capovoltasi addosso ad un operaio per l'eccessivo carico, in assenza di adeguate indicazioni, con tacche o segni nella benna, dei livelli massimi di possibile riempimento; n. 36445 del 8/4/2014, Mangherini, in ipotesi di responsabilità del venditore di un immobile, il quale aveva consegnato il bene senza verificare la conformità alla normativa in tema di impianti a gas, in relazione alla morte di un familiare degli acquirenti conseguente ad una esplosione innescata dalla fuoriuscita di sostanza gassosa; n. 18139 del 14/5/2012, Perrone, ove si è affermato che risponde del reato di lesioni derivanti da infortunio sul lavoro per effetto dell'uso di un macchinario anche il venditore del macchinario medesimo ove l'infortunio sia riconducibile alla inadeguatezza dei congegni antinfortunistici, senza che possa rilevare, a discolpa del venditore stesso, la presenza di una formale certificazione attestante la rispondenza del macchinario alle prescritte misure di sicurezza).