Con l’ordinanza n. 2351 depositata il 24 gennaio 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito che le agevolazioni per l’acquisto della prima casa trovano applicazione, oltre che nei confronti del fabbricato principale, adibito a civile abitazione, anche rispetto al bene qualificabile come pertinenza di esso ai sensi dell’art. 817 c.c., quale che sia la sua classificazione catastale. IL FATTO Nel caso di specie, il contribuente aveva beneficiato delle agevolazioni fiscali di cui alla nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 (applicando l’aliquota dell’imposta di registro del 2%, con il minimo di 1.000 euro) con riguardo ad un atto di acquisto a titolo oneroso della proprietà di un’abitazione e dell’annesso terreno (giardino), espressamente qualificato “pertinenza” nell’atto notarile. L’Amministrazione finanziaria aveva notificato al contribuente un avviso di liquidazione per il recupero della maggiore imposta dovuta in relazione all’acquisto del giardino, ritenendo che l’agevolazione, per tale immobile, non spettasse, non trattandosi di pertinenza. Avviatosi il contenzioso giudiziale, le ragioni dell’Agenzia delle Entrate erano state accolte, in grado d’appello, dalla Commissione regionale, che riteneva di dover escludere la natura pertinenziale del giardino annesso alla prima casa (e acquistato con il medesimo atto), sulla base “della ritenuta autonomia fisica funzionale ed economica dell’area rispetto al fabbricato”, che veniva a sua volta desunta: dall’estensione dell’area (che era pari circa a 10 volte quella del fabbricato); dal suo accesso diretto alla pubblica via; dal suo inserimento in un diverso mappale; nonché dal suo confine con la proprietà terza “che potrebbe suscitare l’interesse all’acquisto da parte di questi”. Inoltre, il giudice d’appello sosteneva che solo gli immobili classificati C/2, C/6 e C/7 potessero accedere come pertinenze all’agevolazione prima casa. È opportuno ricordare che, ai sensi del comma 3 della nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86, le agevolazioni prima casa relative all’imposta di registro si estendono all’acquisto, “anche se con atto separato, delle pertinenze dell’immobile (…)”. La norma si chiude, poi, con l’enunciazione del seguente periodo: “Sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente ad una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, che siano destinate a servizio della casa di abitazione oggetto dell’acquisto agevolato”. Questa disposizione viene interpretata dalla Commissione tributaria nel senso che il beneficio fiscale per l’acquisto della prima casa riguardi le sole pertinenze dell’abitazione principale rientranti nelle categorie catastali di cui sopra, con esclusione di ogni altro bene immobile destinato a “ornamento” (e non solo a servizio) di essa ai sensi dell’art. 817 c.c. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Suprema Corte evidenzia come questa posizione sia irrimediabilmente in contrasto con l’oramai pacifica affermazione dell’equipollenza tra il concetto di pertinenza in senso civilistico e quello rilevante sul piano fiscale (Cass. 13 marzo 2013 n. 6259; Cass. 17 febbraio 2015 n. 3148). Infatti, i giudici di legittimità (cfr. Cass. 10 agosto 2021 n. 22561 e Cass. 25 febbraio 2022 n. 6316) hanno da tempo affermato che la norma agevolativa, ove si riferisce alle unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, non comporta alcuna compressione della nozione fiscale di pertinenza rispetto a quella civilistica – e così del raggio di applicazione delle agevolazioni tributarie per l’acquisto della prima casa – ma si limita a evidenziare con chiarezza che, nel caso di compresenza di più pertinenze appartenenti alle categorie C/2, C/6 e C/7, una sola di esse potrà fruire del beneficio. La norma non contiene, pertanto, un’elencazione esclusiva, in quanto il carattere pertinenziale di un bene (rispetto a un altro) dipende dalla circostanza che, come richiesto dall’art. 817 c.c., la pertinenza sia destinata a “servizio od ornamento” del bene principale. E questa circostanza dipende a sua volta da: - un fattore oggettivo, ossia l’obiettivo carattere strumentale di un bene rispetto all’altro; - e da un fattore soggettivo, vale a dire la volontà del titolare dei beni in questione di asservire l’uno all’altro. Sulla scorta dei principi sin qui illustrati, la Cassazione ha conclusivamente cassato la decisione impugnata, considerata erronea in diritto, per la scorretta interpretazione dell’ultimo periodo del comma 3 della Nota II-bis, nonché viziata nella parte in cui ha, nei fatti, considerato elementi del tutto irrilevanti ai fini della definizione di pertinenza (fiscale/civilistica), come, ad esempio, l’inserimento in un altro mappale; mentre, per giurisprudenza consolidata, la pertinenzialità è desumile da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare, consistenti nel fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio o ornamento del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione (cfr. ex multis Cass. 24 gennaio 2019 n. 2128; Cass. 9 giugno 2020 n. 10976; Cass. 24 gennaio 2023 n. 2143).