Il collegamento con una precedente attività lavorativa nonché il diritto a percepire i proventi al raggiungimento di una determinata età pensionabile, riconducono gli schemi pensionistici esteri a quelli pensionistici anche ai fini delle imposte sui redditi in Italia, considerata la finalità previdenziale della prestazione, volta a garantire al lavoratore dipendente una pensione integrativa nella forma di rendita e/o di capitale della pensione obbligatoria, una volta raggiunto il requisito anagrafico. Pertanto, il pensionato estero che trasferisce la propria residenza nel Mezzogiorno ai sensi dell'articolo 24-ter del TUIR potrà fruire del relativo regime opzionale con imposta sostitutiva del 7 per cento. Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la risposta n. 21 del 29 gennaio 2024. Ricordiamo che l'articolo 24-ter del TUIR stabilisce che «le persone fisiche, titolari dei redditi da pensione di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), erogati da soggetti esteri, che trasferiscono in Italia la propria residenza ai sensi dell'articolo 2, comma 2, in uno dei comuni appartenenti al territorio delle regioni Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia, o in uno dei comuni di cui agli allegati 1, 2 e 2bis al decretolegge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, o in uno dei comuni interessati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, avente comunque una popolazione non superiore a 20.000 abitanti, possono optare per l'assoggettamento dei redditi di qualunque categoria, prodotti all'estero, individuati secondo i criteri di cui all'articolo 165, comma 2, a un'imposta sostitutiva, calcolata in via forfettaria, con aliquota del 7 per cento per ciascuno dei periodi di imposta di validità dell'opzione». Come chiarito dall'Amministrazione finanziaria con la circolare n. 21/E del 2020, ai fini dell'applicazione del regime, la persona fisica che trasferisce la propria residenza fiscale da un Paese estero con il quale è in vigore un accordo di cooperazione amministrativa (cioè uno strumento che consente lo scambio di informazioni in materia fiscale) in Italia in uno dei Comuni previsti dalla disciplina in esame, può optare per l'assoggettamento dei redditi di qualunque categoria, prodotti all'estero (secondo i criteri di cui all'articolo 165, comma 2, del medesimo TUIR), ad un'imposta sostitutiva, con aliquota del 7 per cento, da applicarsi per ciascuno dei periodi di validità dell'opzione (complessivamente 10 anni), secondo i criteri dei commi 4 e 5 dello stesso articolo 24-ter. In particolare, ai sensi del comma 2 di cui al citato articolo 24-ter, l'opzione può essere esercitata dalle persone fisiche che non siano state fiscalmente residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti a quello in cui l'opzione diviene efficace e trasferiscono la residenza da paesi con i quali sono in vigore i citati accordi. In base al comma 4, l'opzione è valida per i primi nove periodi d'imposta successivi al periodo di imposta in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale, anno in cui l'opzione diviene efficace. La medesima opzione deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia ed è efficace a decorrere da tale periodo d'imposta (comma 5). La menzionata circolare n. 21/E del 2020, fornisce chiarimenti in merito all'ambito soggettivo di applicazione del regime opzionale ex articolo 24-ter del TUIR, evidenziando che, per accedere al suddetto regime, è richiesto l'effettivo trasferimento della residenza fiscale in Italia in uno dei Comuni evidenziati dalla normativa. Come chiarito nel citato documento di prassi, considerata la ratio del regime in esame, volta ad attrarre nei Comuni appartenenti al territorio del Mezzogiorno i soggetti titolari di capitali e risorse finanziarie che possono essere investiti nel nostro Paese, la fruizione del beneficio implica l'effettivo trasferimento della persona fisica in Italia (cfr. pagina 7). Il medesimo documento precisa che «il requisito formale dell'iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente è soggetto a controlli da parte delle autorità comunali competenti, come disciplinato ai sensi del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223» (cfr. pagina 8). Ai fini dell'applicazione del regime in questione, pertanto, non è necessario indagare la configurabilità di una situazione in cui il soggetto risulti residente, oltre che in Italia, in uno o più altri Stati e, dunque, l'applicabilità delle c.d. "tie breaker rules". L'applicazione del regime in argomento è subordinata alla condizione di possedere «redditi da pensione di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), erogati da soggetti esteri». In particolare, in base al citato articolo 49, comma 2, lett. a) del TUIR, «costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati». Come chiarito, al riguardo, con la citata circolare n. 21/E del 2020: - il regime in commento è rivolto ai soggetti destinatari di trattamenti pensionistici «di ogni genere e di assegni ad essi equiparati» erogati esclusivamente da soggetti esteri. Sono esclusi dal regime in esame, invece, i soggetti non residenti che percepiscono redditi erogati da un istituto di previdenza residente in Italia; - rientrano nella nozione di redditi da pensione anche tutti quegli emolumenti dovuti dopo la cessazione di un'attività lavorativa, che trovano genericamente la loro causale anche in un rapporto di lavoro diverso da quello di lavoro dipendente; - l'espressione normativa «le pensioni di ogni genere» porta a considerare ricomprese nell'ambito di operatività del citato comma 2 dell'articolo 49 del TUIR anche tutte quelle indennità una tantum (si pensi alla capitalizzazione delle pensioni) erogate in ragione del versamento di contributi e la cui erogazione può prescindere dalla cessazione di un rapporto di lavoro. In linea di principio, le prestazioni pensionistiche integrative, erogate da un fondo previdenziale professionale estero o erogate tramite una società di assicurazione estera, corrisposte in forma di capitale o rendita, a un soggetto che intende trasferire la residenza nel territorio dello Stato, una volta maturato il requisito anagrafico, richiesto per l'accesso alla prestazione, devono risultare imponibili nel nostro Paese in base alla specifica Convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata dall'Italia con il Paese della fonte. Detti emolumenti sono riconducibili, in via ordinaria, secondo l'ordinamento tributario vigente in Italia, ai redditi di cui all'articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, che equipara ai redditi di lavoro dipendente «le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati», in quanto alle stesse prestazioni non si applica la disciplina della previdenza complementare italiana, in base al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252. Orbene, nel caso esaminato dall'Amministrazione finanziaria con la risposta odierna, il collegamento con una precedente attività lavorativa nonché il diritto a percepire i proventi al raggiungimento di una determinata età pensionabile, riconducono gli schemi in esame a quelli pensionistici anche ai fini delle imposte sui redditi in Italia, considerata la finalità previdenziale della prestazione, volta a garantire al lavoratore dipendente una pensione integrativa nella forma di rendita e/o di capitale della pensione obbligatoria, una volta raggiunto il requisito anagrafico. Le somme derivanti dall'adesione agli schemi in esame rientrano, pertanto, tra i redditi di cui al citato articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, e l'Istante (cittadino britannico) potrà accedere al regime di favore previsto dall'articolo 24-ter del medesimo TUIR dall'anno di imposta di trasferimento della propria residenza fiscale ai sensi dell'articolo 2, comma 2 del TUIR, in Italia in uno dei Comuni previsti dalla norma. Resta impregiudicata, tuttavia, l'applicazione della disciplina convenzionale per dirimere eventuali conflitti di residenza tra i due Stati contraenti.