L’Agenzia delle Entrate, ha precisato che, in seguito alla modifica del criterio forfettario di determinazione del valore dei prestiti concessi dal datore di lavoro ai dipendenti di cui all’art. 51, comma 4, lett. b), il datore di lavoro dovrà in qualità di sostituto d’imposta, rideterminare il valore del benefit in sede di conguaglio, cioè entro e non oltre il 28 febbraio 2024. Valorizzazione benefit prestiti La concessione di prestiti agevolati da parte dell’azienda ha da sempre costituito un fringe benefit abbastanza utilizzato da parte dei datori di lavoro. La recente impennata dei tassi ha comportato la necessità di una ridefinizione della valorizzazione convenzionale del beneficio, reso molto svantaggioso per lavoratori ed imprese. Proprio per questo motivo, all’art. 3, del D.L. n. 145 del 2023 (commi 3-bis e 3-ter), viene previsto che, in caso di concessione di prestiti, si assume il 50% della differenza tra: - l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di scadenza di ciascuna rata o, per i prestiti a tasso fisso, alla data di concessione del prestito; - l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi. L’aspetto sul quale l’Agenzia delle Entrate si concentra riguarda però la competenza di questa modifica apportata al termine dell’annualità ma con operatività su tutto l’anno fiscale 2023. Di conseguenza il datore di lavoro dovrà applicare le nuove regole anche per prestiti concessi ai propri dipendenti a inizio anno, e in caso correggendo quanto già tassato in corso d’anno in sede di conguaglio e, cioè, entro e non oltre il 28 febbraio 2024. L’aspetto assume quindi la caratteristica di conguaglio fiscale tardivo, previsione ordinaria, ma presta anche il fianco alla necessità di regolarizzazione e conguaglio ai fini previdenziali, ipotesi ancora non perfettamente resa strutturale che potrà utilizzare le variabili contributive (messaggio INPS n. 3884/2023) oppure la procedura VIG ove la prima ipotesi non fosse possibile. Criterio d’imputazione Con riferimento al momento di imputazione del compenso in natura in relazione alla concessione di prestiti ai dipendenti di cui all’art. 51, comma 4, lettera b), del TUIR, e di applicazione della ritenuta alla fonte, sono state fornite indicazioni dall’Amministrazione finanziaria, chiarendo che il momento di applicazione della ritenuta è quello del pagamento delle singole rate del prestito, come stabilite dal relativo piano di ammortamento, salvo effettuare eventuali modifiche in sede di conguaglio. La modifica della determinazione del compenso in natura in relazione alla concessione di prestiti ai dipendenti è entrata in vigore in data 17 dicembre 2023 ma si applica relativamente a tutti gli interessi pagati nel periodo d’imposta 2023, dunque, relativamente agli interessi tassati precedentemente all’entrata in vigore della norma, il datore di lavoro dovrà necessariamente tener conto della nuova regola di determinazione del reddito in sede di conguaglio. Tale verifica sarà necessaria anche per comprendere se il benefit potrà rientrare nella soglia di esenzione prevista dall’art. 51, comma 3, del TUIR. Si ricorda che per l’anno 2023 il limite era di 258,23 euro annui aumentato sino a 3.000 euro annui per i soggetti con figli a carico. Rinegoziazione del tasso La norma non disciplina espressamente il regime applicabile in caso di rinegoziazione del tasso di finanziamento, fattispecie nella quale muta uno degli elementi essenziali alla base del calcolo del fringe benefit (il tasso applicato). L’Agenzia delle Entrate rispondendo a un quesito fornisce chiarimenti riguardo all’ipotesi di rinegoziazione di finanziamenti, ritendendo , infatti, che la formulazione della norma citata, la quale per i prestiti a tasso fisso, ai fini del confronto con l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato al finanziamento fa riferimento al tasso ufficiale di riferimento (Tur) vigente “alla data di concessione del prestito”, vada interpretata alla stregua del chiarimento reso in materia di detraibilità degli interessi per mutui con la circolare del 19 giugno 2023, n. 14/E, pagina 94, secondo cui ai fini della corretta indicazione dell’importo degli interessi passivi “qualora sia stato stipulato un contratto di accollo/subentro/rinegoziazione/surroga occorre far riferimento alla data di stipula del contratto di accollo/subentro/rinegoziazione/surroga del mutuo. In tale circostanza, per data di stipula del contratto di mutuo è da intendersi la data di stipula del contratto di accollo/subentro/rinegoziazione/surroga del mutuo”. In caso di rinegoziazione del contratto di mutuo a tasso fisso (compresa l’ipotesi di rinegoziazione di un precedente mutuo a tasso variabile), pertanto, il confronto si effettua fra gli interessi effettivamente dovuti sulla base del tasso fisso determinato al momento della rinegoziazione e il Tur vigente al momento della stipula della rinegoziazione del mutuo.