Il raddoppio dei termini per le violazioni penali commesse dal cedente si estende al cessionario di azienda o del ramo d’azienda. Sebbene il raddoppio dei termini accertativi sia stato abrogato dalla L. 208/2015 a partire dal periodo di imposta 2016 (dichiarazioni che avrebbero dovuto essere presentate nel 2017), la Cassazione ancora una volta estende la portata della disciplina. I giudici di legittimità, infatti, con la sentenza n. 3953 depositata il 13 febbraio 2024, hanno ritenuto di applicare il raddoppio finanche ad un terzo soggetto estraneo al reato ma attinto dalla responsabilità solidale ex art. 14 del DLgs. 472/97 a seguito della cessione del ramo d’azienda. Emerge dalla sentenza in oggetto, che il soggetto cedente un ramo d’azienda veniva raggiunto da un accertamento riferito a violazioni commesse l’anno in cui avveniva la cessione. Tuttavia, anche alla società cessionaria veniva notificato il relativo accertamento della cedente ai sensi dell’art. 14 del DLgs. 472/97 beneficiando del raddoppio dei termini di accertamento ex art. 43 comma 3 del DPR 600/73, seppur essa fosse estranea all’evasione penalmente rilevante. Si rammenta che ai sensi dell’art. 14 primo comma del DLgs. 472/97 “il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore”. A latere di ogni questione relativa alla corretta qualificazione della fattispecie sul merito, la società cessionaria a fronte del rilievo relativo all’illegittimità dell’accertamento per violazione dell’art. 43 del DPR 600/73, si difendeva evidenziando che la denuncia penale per il reato di dichiarazione infedele (art. 4 del DLgs. 74/2000) era stata presentata solo nei confronti della società cedente ed altresì che in capo alla cessionaria non era nemmeno stato contestato il reato a titolo di concorso. Nonostante le suddette circostanze, la Cassazione ha ritenuto che “all’accertamento tributario svolto nei confronti del soggetto verso cui opera l’ampliamento dei termini, sia necessario procedere ad accertamento pure nei confronti di altro soggetto d’imposta legato al primo, ad esempio, da un rapporto di responsabilità solidale, limitatamente agli aspetti tributari che assumono rilevanza per la determinazione della posizione fiscale del primo e limitatamente al periodo di imposta cui si riferisce la violazione che assume rilevanza penale”. In sostanza, in virtù del rapporto di solidarietà tributaria che si instaura tra società cedente e cessionaria, per effetto della cessione del ramo d’azienda, anche a quest’ultima si estende la disciplina del raddoppio dei termini accertativi. La solidarietà tributaria sul lato passivo ex art. 14 del DLgs. 472/97, quindi diviene la giustificazione che legittima il raddoppio in argomento anche nei confronti del terzo totalmente estraneo ai fini penali, in quanto nemmeno destinatario della denuncia ex art. 331 c.p.p. La sentenza in argomento, purtroppo, si inserisce nel solco di altre pronunzie con le quali la Suprema Corte, sempre in tema di raddoppio dei termini, adopera una interpretazione oltremodo estensiva facendovi confluire fattispecie che anche a stretto rigore normativo non vi rientrerebbero. L’interpretazione meno garantista, solo per citare alcune casistiche, è stata adottata per giustificare il raddoppio dell’atto di contestazione della sanzione al cessionario a seguito dell’omessa regolarizzazione della fattura di una operazione soggetta a reverse charge (Cass. n. 534/2024), oppure nonostante l’abbassamento della soglia di punibilità (Cass. n. 29988/2022) o ancora per l’atto di contestazione della sanzione all’amministratore di fatto in quanto concorrente nella violazione ex art. 9 del DLgs. 472/97 (Cass. n. 23662/2023).