Nessuna sospensione del processo tributario si determina nel caso in cui penda un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa per la questione sollevata da altro giudice. A tale arresto è pervenuta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6121 del 7 marzo 2024, in cui è stata chiamata a pronunciarsi in tema di sospensione del processo tributario. Si ricorda che nell’ambito del processo tributario la sospensione del giudizio è un istituto disciplinato dall’art. 39 del DLgs. 546/92 e determina un arresto temporaneo del medesimo ove occorre dirimere una questione pregiudiziale capace di incidere sulle sorti della controversia. Dal decisum si apprende che il giudice del gravame aveva sospeso il processo ritenendo che la pendenza di una questione di legittimità costituzionale sollevata in altro giudizio determinasse una causa di sospensione necessaria in applicazione del combinato disposto degli artt. 295 c.p.c. e 39 comma 1-bis del DLgs. 546/92. In sostanza si ricorre nell’ipotesi in cui pende dinanzi alla Corte Costituzionale una questione di legittimità sollevata in sede di altro giudizio, quindi anche potenzialmente estraneo alle parti processuali, ma la cui decisione è capace di incidere anche nel processo in fieri. Va rilevato che ben diversa è la situazione in cui la questione di legittimità costituzionale viene sollevata nell’ambito del proprio processo tributario, in quanto in tal caso opera l’art. 23 della L. 87/53, per cui il giudizio deve essere sospeso in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale adita. La Cassazione chiamata a pronunciarsi in ordine al ricorso proposto dalla parte pubblica non solo ha ritenuto che non ricorresse una causa di sospensione necessaria, ma non ha ritenuto neanche sussistente una ipotesi di sospensione facoltativa. La Suprema Corte ha infatti statuito che “La sospensione del processo per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice quale ipotesi di sospensione facoltativa «ope iudicis» del giudizio, al di fuori dei casi tassativi di sospensione legale, non è configurabile nell’attuale quadro normativo”. Si evidenzia che l’orientamento trova un precedente conforme nella giurisprudenza di merito mediante la sentenza della C.T. Reg. Torino n. 991/5/17 del 20 giugno 2017, in cui la Commissione aveva escluso la sospensione in attesa che la Corte Costituzionale, investita da altro giudice, si pronunciasse sulla questione di legittimità di una norma con il dettato costituzionale. Si osservi, però, che l’ordinanza con cui il giudice di merito dichiari in udienza la sospensione può essere impugnata solo mediante il regolamento di competenza, ammesso, in questo specifico caso, anche nel rito tributario ex art. 42 c.p.c. (Cass. 11 marzo 2016 n. 4790). Il rimedio del regolamento di competenza implica che l’impugnazione dell’ordinanza debba avvenire nel termine perentorio di cui all’art. 47 comma 2 c.p.c., ovvero entro 30 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza, con successivo deposito del ricorso entro 20 giorni (termine perentorio) dall’ultima notificazione alle altre parti ex art. 47 comma 3 c.p.c. Nel caso deciso, però, la parte pubblica aveva impugnato la sentenza di estinzione del processo ex art. 45 del DLgs. 546/92 a causa della mancata riassunzione del processo sospeso, da operarsi nel termine di sei mesi decorrente dalla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale nella Gazzetta Ufficiale, dolendosi dell’erronea ordinanza di sospensione del giudizio. La Cassazione, quindi, non ha potuto che censurare tale modus operandi ritenendo il ricorso sulla sentenza di estinzione del processo per inattività delle parti inammissibile. Ciò proprio perché il rimedio impugnatorio azionato era inidoneo a devolvere al giudice di legittimità la questione sulla sospensione del processo.