Potere di disposizione ispettivo per la violazione del CCNL

Il potere di disposizione, che il personale ispettivo può esercitare ai sensi dell’art. 14 del DLgs. 124/2004, riguarda anche irregolarità derivanti da norme contenute nel contratto collettivo applicato dal datore di lavoro. È questo il più rilevante principio espresso nella sentenza n. 2778 del 21 marzo 2024 con la quale il Consiglio di Stato ha sovvertito le conclusioni in diritto alle quali era pervenuto il TAR Friuli Venezia Giulia, con una discussa sentenza del 18 maggio 2021. Il citato art. 14, come modificato dall’art. 12-bis del DL 76/2020, attribuisce agli ispettori del lavoro la possibilità di adottare la disposizione (un ordine immediatamente esecutivo da rivolgere al datore di lavoro) in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative. Secondo l’INL (si vedano la circ. n. 5/2020 e la nota n. 4539/2020) l’ambito di operatività della disposizione non riguarda solo le violazioni di fonte legale, ma anche quelle di natura contrattuale, con l’unica condizione che non vi siano conseguenze sul piano sanzionatorio di natura amministrativa o penale. Il TAR Friuli, tuttavia, aveva espresso un orientamento del tutto differente. Più in particolare, tra i vari punti contenuti nell’articolata motivazione del giudice amministrativo, quello più stridente atteneva l’impossibilità di applicare la disposizione in rapporto a casistiche differenti dal campo amministrativo e penale, escludendo conseguentemente tutte quelle fattispecie aventi natura civilistica ma anche in rapporto alle violazioni derivanti dai contratti collettivi, in quanto materia non espressamente richiamata dall’art. 14. Tale limitazione al campo di applicazione dell’istituto appariva fin da subito discutibile, tagliando fuori proprio fattispecie che maggiormente impattano sul profilo di tutela dei lavoratori e che spesso sono foriere di lunghi contenziosi, che rappresentano un costo anche per le stesse aziende, bloccate dall’alea del giudizio. Su tale delicato punto il Consiglio di Stato, in linea con i più recenti orientamenti (cfr. Cons. Stato n. 2901/2023), ritiene che la disposizione sia applicabile non solo alle violazioni di legge, ma anche a quelle di contratto. A differenza di quanto sostenuto dal TAR, ad avviso del Consiglio vi è proprio un parallelismo tra quanto previsto dall’art. 13 del DLgs. 124/2004, che al comma 2 disciplina la diffida obbligatoria, e il successivo art. 14 che risulta, quindi, applicabile allo stesso modo in caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale, con l’unica differenza che, nel caso dell’art. 13, scattano le sanzioni amministrative, la cui assenza, invece, costituisce proprio il presupposto applicativo della disposizione. La bontà dell’utilizzo della disposizione a casistiche come quella sottoposta al vaglio della giustizia amministrativa, concernente l’adibizione a mansioni superiori rispetto alla declaratoria contrattuale, viene ulteriormente enfatizzata nella parte in cui la sentenza sottolinea come la scelta di includere tra le “irregolarità” che possono formare oggetto del “Provvedimento di disposizione” anche le violazioni dei contratti e accordi collettivi di lavoro esprime una valutazione dell’ordinamento di rilevanza pubblicistica dell’esigenza di una piena ed effettiva applicazione degli stessi, tale da meritare attenzione a livello amministrativo anche indipendentemente dalle reazioni e iniziative civilistiche dei singoli lavoratori interessati. Una sorta, quindi, di doppio binario di tutela, uno attivato dall’istituzione pubblica, l’Ispettorato del Lavoro, deputata per definizione alla tutela dei lavoratori, e uno a libera iniziativa del lavoratore stesso. Inoltre, aggiunge il Consiglio di Stato, non va neppure dimenticato come la disposizione, fornendo al datore di lavoro, che ottempera spontaneamente all’ordine ripristinatorio impartito dall’ispettore, l’opportunità di sanare in via collaborativa l’irregolarità contrattuale rilevata, riveste in tutta evidenza, sempre su un piano pubblicistico, un’importante funzione preventiva e deflattiva del contenzioso giuslavoristico. Da ultimo va, comunque, evidenziato che il Consiglio di Stato, nella prima parte della sua motivazione, nel confermare la propria giurisdizione in merito, attribuisce alla disposizione la natura di provvedimento amministrativo, definitivo e immediatamente lesivo, al punto da essere conseguentemente impugnabile davanti alla giustizia amministrativa. Inoltre, ulteriore corollario di tale ricostruzione normativa in chiave provvedimentale, è che la disposizione risulta soggetta alle ordinarie regole del procedimento amministrativo e, in particolare, all’obbligo di congrua motivazione e adeguata e puntuale istruttoria.

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