Sono utilizzabili in giudizio i documenti prodotti dal contribuente in risposta ad un accertamento bancario qualora il ritardo nella loro produzione sia imputabile al terzo nella cui disponibilità gli stessi si trovavano. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31345 del 10 novembre 2023. La disciplina normativa di riferimento è contenuta, in primo luogo, nell’art. 32, d.P.R. n. 600/1973, per l'imposizione reddituale e nell’art. 51, d.P.R. n. 633/1972, in materia di Iva, il cui ultimo comma rinvia all'art. 32. L’art. 32, cit., in particolare, prevede che: "le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l'ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta”. Le cause di inutilizzabilità previste dal comma 3 non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all'atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile. Ulteriore specifica previsione è contenuta nell’art. 33, d.P.R. n. 600/1973, per le imposte sul reddito, e nell’art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633/1972, e, in particolare, si prevede che: "i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione". La previsione di inutilizzabilità della documentazione, contemplata dall’art. 32, d.P.R. n. 600/1973, per l'imposizione reddituale e dall’art. 51, d.P.R. n. 633/1972, presuppongono che i documenti sono richiesti con l'invio di apposita comunicazione o questionario; la previsione di cui all’art. 33, d.P.R. n. 600/1973, per le imposte sul reddito, e all’art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633/1972, per l’Iva, trovano applicazione nei soli casi di ispezione, con ciò intendendosi l'attività di esame e controllo svolta dai verificatori in sede di accesso presso il contribuente o in luoghi a questi collegati, al di fuori dell'Ufficio. La Suprema Corte ha quindi precisato che, nel primo caso, il mancato invio nei termini concessi della suindicata documentazione equivale a rifiuto, con conseguente inutilizzabilità della stessa in sede amministrativa e contenziosa, salvo che il contribuente non dichiari, all'atto della sua produzione con il ricorso, che l'inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile, della cui prova è, comunque, onerato; nel secondo caso, invece, la mancata esibizione di quanto richiesto ne preclude la valutazione a favore del contribuente solo ove si traduca in un sostanziale rifiuto di rendere disponibile la documentazione, incombendo la prova dei relativi presupposti di fatto sull'amministrazione finanziaria" (Cass. civ., n. 16957/2021). L’operatività della sanzione processuale della inutilizzabilità della documentazione non esibita in fase di accertamento postula che il contribuente sia stato comunque messo specificamente a conoscenza sia della documentazione richiesta che delle conseguenze del proprio eventuale rifiuto. Secondo la Suprema Corte, sussiste una diversa ripartizione dell’onere della prova in quanto, qualora l’omessa esibizione della documentazione consegua all’invio di una apposita comunicazione o di questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, è il contribuente a essere onerato della prova che l'inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile, mentre, nel caso in cui la richiesta sia stata effettuata nell’ambito di una attività di esame e controllo svolta dai verificatori in sede di accesso presso il contribuente o in luoghi a questi collegati, è l’Amministrazione finanziaria a essere onerata della prova della sussistenza dei presupposti sostanziali che rendono illegittimo il rifiuto. Nel caso in cui siano stati rispettati gli obblighi informativi da parte dell’Amministrazione finanziaria circa la documentazione di cui si è chiesta l’esibizione e le conseguenze processuali nel caso di omessa osservanza alla richiesta, la sanzione della inutilizzabilità opera solo laddove vi sia stata da parte del contribuente una dichiarazione mendace e dolosa e, cioè, diretta ad impedire l'ispezione documentale in violazione dei principi di lealtà e correttezza, mentre il contribuente può sempre contrastare efficacemente i risultati dell'accertamento induttivo con la produzione in giudizio dei documenti che non era stato in grado di esibire in precedenza per causa a lui non imputabile (forza maggiore, fatto del terzo, caso fortuito). In particolare, qualora i documenti provengano dal terzo, la cui condotta di consegna non è pretendibile nei tempi fissati dall'Amministrazione finanziaria, non è imputabile al contribuente la relativa preclusione e, quindi, la successiva inutilizzabilità dei documenti, tranne l'ipotesi in cui il terzo sia, in realtà, un ausiliare del contribuente ex art. 1228, cod. civ. (Cass. civ., 10 febbraio 2021, n. 3254).