Con la risposta n. 120 del 3 giugno 2024 l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all'applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 13 (compensi per servizi tecnici) della Convenzione tra Italia e Uganda per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge del 10 febbraio 2005, n. 18, e 8 del Protocollo di modifica della Convenzione tra Italia e Tanzania per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge del 7 ottobre 1981, n. 667. L'articolo 3, comma 1, del TUIR prevede che sono soggetti ad imposizione in Italia i redditi ovunque prodotti da parte dei contribuenti considerati fiscalmente residenti nel territorio dello Stato italiano, incluse le società residenti nel nostro Paese. L'eventuale doppia imposizione che viene a crearsi in presenza di redditi assoggettati a imposizione in capo al medesimo soggetto sia in Italia (Stato di residenza) che nel Paese in cui lo stesso reddito è prodotto (Stato della fonte) viene risolta nell'ordinamento interno italiano mediante il credito d'imposta di cui all'articolo 165 del TUIR. Ai sensi del comma 2 dell'articolo 165 del TUIR, "i redditi si considerano prodotti all'estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall'articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato". L'ordinamento accoglie, pertanto, il menzionato criterio della lettura "a specchio", secondo cui i redditi si considerano prodotti all'estero sulla base dei medesimi criteri di collegamento enunciati dall'articolo 23 del TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato. Nello specifico, in applicazione di tale criterio, il reddito d'impresa si considera prodotto all'estero se derivante da attività ivi esercitate mediante stabili organizzazioni. Nel caso in esame, l'Istante dichiara di non avere né in Tanzania né in Uganda una stabile organizzazione, con la conseguenza che i redditi derivanti da tali Paesi non si considerano prodotti all'estero ai fini dell'articolo 165 del TUIR. Tuttavia, come chiarito dall'Amministrazione finanziaria nella circolare n. 9/E del 2015, la definizione interna di "reddito prodotto all'estero" si rende applicabile solo nei casi in cui non sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni tra l'Italia e lo Stato della fonte del reddito. Nella fattispecie in esame si fa specifico riferimento citati Trattati internazionali per evitare le doppie imposizioni in vigore con la Tanzania e con l'Uganda. Le disposizioni normative contenute nell'articolo 7, paragrafo 1, di entrambi i suddetti Trattati internazionali prevedono la tassazione esclusiva degli utili percepiti da un'impresa nello Stato di residenza della stessa, a meno che tali utili siano attribuibili ad una stabile organizzazione dell'impresa situata nell'altro Stato contraente la Convenzione. Nell'ipotesi in cui, secondo quanto rappresentato dall'Istante, la società italiana non abbia alcuna stabile organizzazione in Tanzania ed in Uganda, i redditi d'impresa in trattazione dovrebbero, pertanto, essere assoggettati ad imposizione esclusiva in Italia, Stato di residenza della Contribuente. Si osserva, tuttavia, che, in deroga a tale principio della tassazione esclusiva dei redditi d'impresa nello Stato di residenza, il paragrafo 7 del citato articolo 7 di entrambi i Trattati prevede la prevalenza, sulle disposizioni recate da detto articolo, di quelle contenute in altri articoli delle Convenzioni, allorquando gli utili comprendono elementi di reddito ivi considerati separatamente. Al riguardo, si rileva che la Convenzione con la Tanzania prevede, all'articolo 21, paragrafo 2, così come sostituito dall'articolo 8 del Protocollo di modifica dello stesso Trattato internazionale, la tassazione concorrente in Italia e in Tanzania dei compensi manageriali pagati in uno Stato contraente ad un residente dell'altro Stato contraente. Il successivo paragrafo 3 chiarisce che l'espressione "compensi manageriali" designa le remunerazioni di ogni tipo corrisposte ad una persona che non sia alle dipendenze della persona che effettua i pagamenti, come corrispettivo di consulenze industriali o manageriali, di attività di carattere dirigenziale o tecnico o di attività analoghe ma essa non include le remunerazioni corrisposte in dipendenza dell'esercizio di libere professioni di cui all'articolo 14 della Convenzione. L'articolo 13, paragrafo 1, della Convenzione con l'Uganda prevede, a sua volta, la tassazione concorrente dei compensi per servizi tecnici provenienti da uno Stato contraente (Stato della fonte) e pagati ad un residente dell'altro Stato. Tuttavia, il paragrafo 2 dello stesso articolo 13 limita la potestà impositiva nello Stato della fonte, allorquando la persona che percepisce tali compensi ne è l'effettivo beneficiario, al 10 per cento dell'ammontare lordo degli stessi. Il successivo paragrafo 3 prevede che l'espressione "compensi per servizi tecnici" designa i compensi di qualsiasi natura corrisposti ad una persona diversa da un proprio dipendente in relazione a qualsiasi servizio di carattere amministrativo, tecnico, gestionale o di consulenza. In entrambi i Trattati, in maniera irrituale rispetto all'approccio generalmente adottato nelle Convenzioni concluse dall'Italia (che ricalcano il Modello OCSE), per determinare lo Stato della fonte del reddito non si ha riguardo al soggetto pagatore ma alla circostanza che i redditi siano genericamente: - "pagati in uno Stato contraente", nel Trattato con la Tanzania; - "provenienti da uno Stato contraente", nel Trattato con l'Uganda. Pertanto, alle remunerazioni qualificabili come compensi manageriali e compensi per servizi tecnici trovano applicazione le disposizioni contenute, rispettivamente, nell'articolo 21, così come modificato dall'articolo 8 del Protocollo di modifica della Convenzione tra Italia e Tanzania e nell'articolo 13 della Convenzione tra Italia e Uganda, con conseguente tassazione concorrente dei redditi di fonte tanzaniana ed ugandese.