Con la risposta n. 161 del 26 luglio 2024, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all'applicabilità dell'esenzione Iva alle Associazioni della Medicina di gruppo costituite da medici di medicina generale. Ai fini Iva, ai sensi dell'articolo 1 del d.P.R. n. 633 del 1972, rientrano nel campo di applicazione dell'imposta le «cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese [...]». Sul piano normativo, il comma 2, dell'articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 (introdotto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244) dispone che «Sono altresì esenti dall'imposta le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dei consorziati o soci da consorzi, ivi comprese le società consortili e le società cooperative con funzioni consortili, costituiti tra soggetti peri quali, nel triennio solare precedente, la percentuale di detrazione di cui all'articolo 19-bis, anche per effetto dell'opzione di cui all'articolo 36bis, sia stata non superiore al 10 per cento, a condizione che i corrispettivi dovuti dai consorziati o soci ai predetti consorzi e società non superino i costi imputabili alle prestazioni stesse». Come chiarito in diversi documenti di prassi (cfr. risoluzione 31 ottobre 2008, n. 414/E, circolari 8 maggio 2009, n. 23/E e 17 febbraio 2011, n. 5/E) e, in particolare, con la risoluzione 3 aprile 2012, n. 30/E, tale disposizione recepisce nell'ordinamento interno la disposizione di cui all'articolo 132, paragrafo 1, lett. f), della direttiva 2006/211/CE, secondo la quale gli Stati membri esentano «le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone che esercitano un'attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari all'esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro membri l'esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione che questa esenzione non possa provocare distorsioni della concorrenza». In linea generale, le strutture associative cui si riferisce la norma comunitaria sono, quindi, quelle composte da consociati che esercitano attività esente ai fini Iva, ai quali è normalmente rivolta l'attività del consorzio. La ratio del regime di esenzione va ravvisata nell'esigenza di evitare che i soggetti che svolgono attività esenti, qualora decidano di esternalizzare i servizi necessari e funzionali a tali attività (ad esempio, servizi amministrativi, gestione della contabilità, formazione del personale, gestione degli immobili), vengano penalizzati dall'indetraibilità dell'Iva assolta sugli acquisti (cfr. circolare n. 5/E del 2011 e risoluzione n. 23/E del 2012). In base alla citata lettera f), infatti, le "associazioni autonome di persone" sono caratterizzate, oltre che dalla composizione della compagine sociale (gli associati sono soggetti che svolgono attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi), da uno scopo istituzionale di supporto e di collaborazione rispetto all'attività esercitata dai singoli partecipanti. Come chiarito dai giudici unionali, nell'ambito di una controversia tra un'associazione di ospedali e il Segretario di Stato alle finanze dei Paesi Bassi (cfr. nella sentenza dell'11 dicembre 2008, C-407/07), la finalità della norma «è quella di istituire un'esenzione dall'IVA per evitare che la persona che offre taluni servizi sia assoggettata al pagamento di detta imposta quando essa è stata indotta a collaborare con altri professionisti mediante una struttura comune che svolge talune attività necessarie al compimento della prestazione (37)». La disposizione comunitaria è stata, peraltro, oggetto di interpretazione pregiudiziale da parte della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con le sentenze del 21 settembre 2017 rese nelle cause C-326/15 (DNB Banka c. Lettonia) e C-605/15 (Aviva c. Polonia), nelle quali è stato sancito che «L'articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, dev'essere interpretato nel senso che l'esenzione prevista in tale disposizione riguarda unicamente le associazioni autonome di persone i cui membri esercitano un'attività di interesse pubblico menzionata nell'articolo 132 della medesima direttiva [...]». Nella citata sentenza C-326/15, infatti, si afferma che «Per quanto concerne la finalità dell'articolo 132, paragrafo 1, lettera f), nell'ambito della direttiva 2006/112, occorre ricordare l'obiettivo dell'insieme delle disposizioni dell'articolo 132 di tale direttiva, consistente nell'esentare dall'IVA talune attività di interesse pubblico, al fine di agevolare l'accesso a talune prestazioni nonché la fornitura di taluni beni evitando i maggiori costi che deriverebbero da loro assoggettamento all'IVA (33). Pertanto, le prestazioni di servizi effettuate da un'AAP [associazione autonoma di persone, n.d.r.] rientrano nell'esenzione di cui all'articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112 quando tali prestazioni di servizi contribuiscono direttamente all'esercizio di attività di interesse pubblico previste all'articolo 132 della stessa direttiva (34)». Sul piano interno, il legislatore nazionale ha espressamente individuato quali soggetti destinatari dell'esenzione, i consorzi (costituiti anche in forma societaria) e cooperative con funzioni consortili ritenendole strutture associative coerenti con le finalità dell'esenzione e assimilabili, sotto il profilo organizzativo, alle generiche "associazioni autonome di persone" individuate dalla norma comunitaria. In via di prassi, la circolare n. 23/E dell'8 maggio 2009 ha chiarito che al consorzio «possono essere equiparate organizzazioni di origine comunitaria aventi finalità analoghe, quali i gruppi economici di interesse europeo (GEIE) costituiti ai sensi dell'articolo 3 del regolamento CEE 2137/85». Con la successiva risoluzione n. 30/E del 2012 (relativa alle società cooperative costituite fra soggetti esercenti l'attività sanitaria), inoltre, è stato ritenuto che, ai fini dell'esenzione in argomento, non assume «rilievo la forma giuridica assunta dalla struttura associativa, bensì l'oggetto sociale della stessa, vale a dire la cooperazione all'attività esente o esclusa da IVA svolta dagli associati, che il legislatore nazionale ha individuato, a titolo esemplificativo, nello schema associativo tipico del consorzio. Un'analoga funzione può, peraltro, essere assolta anche da strutture associative aventi una forma giuridica diversa da quella consortile, alle quali gli associati demandino lo svolgimento di alcuni segmenti della propria attività economica». Tale ultimo documento di prassi ha, altresì, precisato che «Il riferimento dell'articolo 10, comma 2, del DPR n. 633 del 1972, alle sole strutture associative di tipo consortile, per esigenze di conformità alla normativa comunitaria, non può essere interpretato come discriminatorio rispetto ad altri schemi associativi autonomi costituiti al fine di rendere, al mero costo, servizi comuni agli associati, che svolgono attività esente o non soggetta ad IVA, funzionali all'esercizio dell'attività di ciascuno di essi».