Il Senato ha approvato il Disegno di legge n. 729 (DDL Stefani), che riconosce anche nel processo civile il legittimo impedimento per l’avvocato che per ragioni indipendenti dalla sua volontà non può partecipare all’attività d’udienza ed è perciò rimesso in termini. Rimessione in termini Il DDL si compone di tre articoli, che ampliano l’istituto della rimessione in termini, riconoscendo anche nell’ambito del processo civile princìpi già affermati in quello penale, che nell’occasione è destinatario di un ampliamento del campo di azione delle tutele attualmente vigenti. L’art. 1 modifica l’art. 153 cpc e prevede espressamente che l’avvocato che comprova a mezzo di idonea certificazione di essere incorso in decadenze per causa a egli non imputabile o comunque derivante da caso fortuito, forza maggiore o improvvisa malattia, infortunio o gravidanza, per assistenza a figli, famigliari con disabilità o con grave patologia, esigenze improrogabili di cura della prole in età infantile o in età scolare, che non gli consentano di delegare le funzioni nella gestione del proprio mandato, è rimesso in termini con provvedimento dal giudice o, prima della costituzione delle parti, dal presidente del tribunale. Tale disposizione non si applica in caso di mandato congiunto. Si tratta di una acquisizione di particolare valore, che assegna completezza all’affermazione del principio generale del diritto alla difesa, perché riconosce un più ampio spettro di tutela per la parte che dovesse trovarsi priva dell’assistenza del difensore per ragioni indipendenti dalla sua volontà. Ovviamente, per il tramite di questo riconoscimento si realizza un momento di civiltà anche per la figura ed il ruolo dell’avvocato nel processo civile che, in attesa dell’entrata in vigore di questa norma è, a tutt’oggi, privo di tutela nel caso della impossibilità a prestare la sua attività difensiva. A legislazione vigente, l’unico riferimento è rappresentato dall’art. 115 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, che consente il rinvio dell’udienza in via eccezionale in caso di grave impedimento, con termini perentori per il differimento e comunque limitati. La giurisprudenza peraltro ha recepito con particolare rigore tale eventualità, tant’è che la Corte di cassazione, a Sezioni unite (26 marzo 2012, n. 4773), ha riconosciuto la possibilità di accogliere l’istanza di rinvio dell’udienza per grave impedimento del difensore soltanto in caso di impossibilità di sostituzione, “venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell’udienza”. Si trattava di una - discutibile per il tenore particolarmente restrittivo adottato - ricognizione della possibilità per l’avvocato di farsi sostituire o rappresentare da altro collega il quale, nell’eseguire la delega esercita il mandato con ogni potere ad esso connessa. La previsione in itinere, come premesso opera una ricognizione più aderente alla tutela effettiva delle condizioni del difensore in sede civile, mutuando princìpi già affermati nel processo penale, tipizzando le ipotesi in cui le ragioni impeditive della prestazione dell’attività d’udienza da parte del difensore in sede civile, possono effettivamente essere considerate non riconducibili alla sua volontà ed anzi rappresentare casi di forza maggiore. La norma prevista nel disegno di legge approvato dal Senato non trascura le considerazioni della giurisprudenza in ordine alla possibilità di delega e di rappresentanza ma, proprio in virtù del rilievo delle ragioni organizzative, esclude la scusabilità dell’assenza soltanto quando tale esercizio è previsto a monte, con la presenza del mandato congiunto, nell’ambito del quale, evidentemente, l’assenza di uno solo dei difensori non può essere considerata di per sé un vulnus essenziale per l’esercizio del diritto di difesa e dell’azione giurisdizionale. A fronte del draconiano presupposto della dimostrazione della impossibilità della sostituzione del difensore, imposto dalla giurisprudenza in assenza di una norma specifica, è inserita la diversa previsione appena citata, della presunzione inversa, in caso di conferimento del mandato a più difensori. Gestione del calendario delle udienze Il secondo dei tre articoli previsti dal DDL 729, interviene sulla gestione del calendario delle udienze, aggiungendo un ulteriore comma all’art. 81-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, per cui il giudice è chiamato a disporre il rinvio a nuova udienza in caso di assenza del difensore, quando questa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o improvvisa malattia, infortunio o gravidanza, per assistenza a figli, famigliari con disabilità o con grave patologia, esigenze improrogabili di cura della prole in età infantile o in età scolare, che non gli consentano di delegare le funzioni, comprovate da idonea certificazione prodotta, se possibile, prima dell’inizio dell’udienza. Anche in questo caso la previsione non si applica in caso di mandato congiunto, mentre l’assenza di comunicazione anticipata dell’impedimento, se giustificata, non può costituire da sola motivo di rigetto dell’istanza che quindi, con motivate ragioni, può essere accolta anche se successiva. Rinvio dell’udienza per motivi familiari o di salute L’art. 3, infine, interviene sulla materia penale, in particolare sull’art. 420-ter del codice di procedura penale, che già oggi prevede il rinvio dell’udienza in caso di legittimo impedimento del difensore. Al comma 5, cui sostanzialmente si ispira l’intervento per la materia civile, è inserito un ulteriore periodo, per effetto del quale l’impossibilità per il difensore di comparire all’udienza per legittimo impedimento è estesa anche ai casi in cui questo riguardi la prole o i familiari, per comprovati motivi di salute. Emerge dunque un quadro di ragionevole equilibrio tra le esigenze delle parti, dei difensori, direttamente interessati dalla ricognizione delle ragioni giustificatrici della loro assenza, e le esigenze di celerità del processo, che non possono essere pretermesse, ma devono essere confrontate con istanze, come quelle di cui al DDL n. 729, di non inferiore dignità.