Due i principi espressi dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 1971 del 15 gennaio 2019. In primo luogo in materia di bancarotta fraudolenta e in particolare di sequestro preventivo alla confisca del profitto, il Tribunale del riesame può esclusivamente valutare la misura cautelare sotto i profili del fumus boni iuris e del fumus commisi delicti. La Cassazione, quindi, con la sentenza ha precisato che il Tribunale non può entrate nel merito delle questioni che hanno portato alla sequestrabilità (articolo 321, comma 2 del del cpp). In secondo luogo i Supremi giudici hanno precisato che per quanto riguarda la confiscabilità del denaro senza prova della pertinenzialità rispetto al reato, questa è consentita solo nei confronti del soggetto che abbia visto le proprie disponibilità monetarie implementarsi di quelle somme provenienti dal reato e non già di altri, che non abbiano partecipato dell'arricchimento. E alla luce di questi principi, quindi, laddove l'amministratore di una società abbia percepito legittimamente dei compensi in funzione della carica rivestita, tale somma non potrà essere ritenuta profitto del reati, salvo che non si provi che vi sia un'osmosi tra persona giuridica e persona fisica che la rappresenta come nel capo di società che agisca quale schermo a copertura della persona fisica.