La legge di Bilancio 2019 (art. 1, commi 9-11, legge n. 145/2018) estende il regime forfettario, imposta sostitutiva unica con aliquota del 15 per cento, introdotto dalla legge di Stabilità 2015, ai contribuenti che hanno conseguito nell’anno precedente ricavi, ovvero percepito compensi, fino a un massimo di 65.000 euro e ne semplifica le condizioni di accesso. Tale regime costituisce il regime naturale per chi possiede i requisiti, in quanto i soggetti che hanno i requisiti prescritti dalla norma non sono tenuti ad esercitare un’opzione, comunicazione preventiva o successiva, per l’ingresso nel regime. Va evidenziato che le modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2019 elevano a 65.000 euro il limite dei ricavi conseguiti o compensi percepiti nell'anno precedente per accedere al regime forfettario (disciplinato dai commi da 55 a 89 dell’art. 1 della legge di Stabilità 2015). Tale soglia di accesso è valida per tutti i contribuenti interessati e sostituisce i precedenti valori soglia dei ricavi/compensi percepiti - fissati tra 25.000 e 50.000 euro - differenziati sulla base del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata (riportati nell’Allegato 4 della legge di Stabilità 2015). Come già avveniva per il regime dei contribuenti minimi e per il regime fiscale di vantaggio, è stabilito che i contribuenti in regime forfetario non addebitano l’IVA in rivalsa né esercitano il diritto alla detrazione dell’imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti nazionali, comunitari e sulle importazioni. Le fatture emesse non devono, pertanto, recare l’addebito dell’imposta. I forfetari, inoltre: - non subiscono la ritenuta d’acconto sulle prestazioni effettuate ma devono rilasciare un’apposita dichiarazione al committente dal quale risulti che il reddito cui le somme percepite derivano è soggetto ad imposta sostitutiva; - non devono operare la ritenuta d’acconto in qualità di sostituti di imposta sulle prestazioni ricevute da lavoratori autonomi/professionisti ma hanno l’obbligo di compilare un apposito prospetto nella dichiarazione che contiene i codici fiscali e i redditi corrisposti ai percipienti. Come gestire la disciplina transitoria Una delle problematiche più complesse da affrontare, per un soggetto IVA, riguarda la casistica dal passaggio da un sistema “ordinario” ad uno di carattere forfettario. Tra i casi più frequenti va evidenziata, in particolare, l’emissione in dicembre 2018 di una fattura nel regime ordinario e, quindi, con IVA e ritenuta d’acconto, con il compenso che è incassato nel corso del 2019. Certamente il problema più facile da risolvere è la questione IVA: questa sarà indicata nella relativa liquidazione periodica avendo riguardo al momento in cui il tributo è divenuto esigibile secondo le regole dettate dall’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972; l’IVA dovrà essere anche indicata nella dichiarazione annuale, con riferimento al periodo di imposta 2018. Ritenuta d’acconto L’aspetto più complesso riguarda la ritenuta d’acconto perché prevede una serie di adempimenti da seguire. Il soggetto forfetario che nel corso del 2019 subisca da parte del sostituto di imposta la ritenuta d’acconto su una fattura relativa al 2018 quando era ordinario dovrà compilare, nel modello Redditi 2020, periodo di imposta 2019 (si presume che i righi di compilazione rimangano invariati) il rigo RS40 del quadro RS: in tale prospetto il soggetto interessato dovrà inserire le ritenute d’acconto subite, a condizione che dette ritenute siano state regolarmente certificate dal sostituto d’imposta e non ne sia stato richiesto il rimborso all’Agenzia delle Entrate. L’importo totale delle predette ritenute va indicato nel rigo RS40 e riportato, ai fini dello scomputo, nel rigo RN33, colonna 4, e/o nel rigo LM41.