Integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte il contribuente che costituisce il trust dopo la notifica di alcune cartelle di pagamento: a tal fine è irrilevante che venga sostenuta la volontà di frodare i creditori privati e non l'erario. A fornire questa precisazione è la Corte di Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 2569 del 21 gennaio 2019. IL FATTO Un contribuente era stato condannato per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (articolo 11 del decreto legislativo 74/2000) perché aveva istituito un trust per separare dal proprio patrimonio cinque immobili. Il trust era destinato a garantire un reddito annuo alle figlie pur mantenendo ogni facoltà, diritto e potere di disporre degli stessi senza alcuna limitazione e ciò fino alla scadenza, quando era già stato previsto il passaggio dei beni stessi. L'imputato ricorreva in Cassazione lamentando un'erronea applicazione della norma per illogica motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. Più precisamente, il giudice territoriale aveva desunto l'intenzione di evadere le imposte dalla natura simulata del trust, ma secondo la difesa era giustificato dalla volontà di tutelare il patrimonio da creditori privati e non dalla pretesa del fisco. La normativa L'articolo 11 del Dlgs 74/2000 sanziona con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque simuli la vendita o compia altri atti fraudolenti per privarsi di ogni bene che l'Amministrazione potrebbe aggredire in caso di riscossione coattiva, per il recupero di imposte sui redditi, Iva, interessi o sanzioni di ammontare superiore a 50.000 euro. Se l'ammontare è maggiore di 200.000 euro, la reclusione va da 1 anno a 6 anni. La fattispecie è una tutela dell'erario, volta alla conservazione delle garanzie sulle quali potrebbe rivalersi in caso di inadempimento. È sufficiente la condotta per rendere inefficace l'eventuale riscossione, a prescindere dal concreto danno ovvero dalla esistenza di un debito tributario. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Nella specie, la Suprema corte ha innanzitutto rilevato che occorreva una valutazione della sentenza di appello circa la sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di sottrazione fraudolenta. Infatti, quanto all'elemento oggettivo, ossia che il trust fosse stato un atto simulato, risultava già in atti dalla ricostruzione non contestata. I giudici di legittimità hanno così rilevato che la costituzione del trust era avvenuta prima della notifica di alcuni decreti ingiuntivi ma successivamente alla notifica di alcune cartelle di pagamento. Secondo la Cassazione se era logico, come sostenuto dalla difesa, che il trust fosse finalizzato a frodare alcuni creditori privati (nonostante costituito prima della notifica dei decreti ingiuntivi), altrettanto condivisibile era la tesi dell'accusa secondo cui comunque vi era una frode il fisco. Infatti, la costituzione era stata successiva ad alcuni parziali pagamenti delle cartelle ricevute per le quali era stata iscritta ipoteca.