Il nuovo regime forfetario per le imprese e i professionisti con aliquota di tassazione al 15%, in vigore dal 1° gennaio 2019, può riservare una gradita sorpresa. Infatti, rispondendo ad un quesito in merito alla fuoriuscita dal regime forfetario l’Agenzia delle Entrate ha confermato che, in caso di superamento dei limiti di ricavi/compensi durante un periodo d’imposta, il contribuente uscirà dal forfait solo con effetto dal periodo d’imposta successivo. E ciò, come si dirà appresso, può essere un grosso vantaggio in alcuni casi. Ma le questioni affrontate non si limitano solo a questa, perché si è fatta luce su altre problematiche tra cui quella relativa al passaggio dai regimi “normali” (ordinario e/o semplificato) a quello forfetario e quella connessa al possesso di partecipazioni in società che potrebbero determinare una delle cause di esclusione previste dalla nuova disciplina. Cerchiamo di approfondire, analizzando più da vicino le risposte fornite dall’Amministrazione finanziaria. Fuoriuscita dal regime forfetario Forse, la più interessante risposta concerne la fuoriuscita per superamento dei limiti di ricavi/compensi. La nuova disciplina prevede il regime forfetario quale regime “naturale” per gli esercenti attività d’impresa e attività professionale con ricavi/compensi non superiori a 65.000 annui. Ad affermarlo è l’art. 1, comma 54 della legge n. 190/2014, come riformulato dalla legge di Bilancio 2019. In particolare la norma afferma che i contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario, se nell'anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000. Quindi, l’ingresso nel regime forfetario è connesso al rispetto del limite “nell’anno precedente”. C’è però da chiedersi: quando avviene, invece, la fuoriuscita? Per rispondere a questa domanda ci viene in soccorso il successivo comma 71 secondo cui “il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall'anno successivo a quello in cui viene meno il requisito di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57”. Per la cronaca, si ricorda che il comma 57 tratta delle cause di esclusione, alcune delle quali saranno approfondite di seguito. Tornando alla nostra questione, come è evidente dal tenore letterale del comma 71, la fuoriuscita avviene a partire dall’anno successivo a quello di sforamento. Le conseguenze di tale impostazione normativa sono abbastanza inconsuete. Ad esempio Si può verificare l’ipotesi che un soggetto nell’anno x abbia i requisiti per accedere al regime forfetario, ad esempio perché ha ricavi annui pari a 60.000 euro e quindi vi transita nell’anno x+1. In quest’ultimo anno, però, sfora in modo molto evidente il limite, ad esempio, conseguendo ricavi peri a 200.000 euro. Però, nell’anno x+1 è in regime forfetario, quindi, al netto dei coefficienti di redditività, applicherà l’aliquota sostitutiva del 15% su un reddito molto alto, beneficiando di un notevolissimo risparmio d’imposta. È evidente che ciò potrebbe portare a pianificazioni fiscali al limite dell’elusione laddove, specie in campo professionale, il contribuente può, con un certo margine, già sapere che in un determinato anno incasserà compensi molto elevati perché, ad esempio, è in procinto di assumere incarichi professionali. Ma tutto ciò, almeno stando alla norma e alle “rassicurazioni” dell’Agenzia delle Entrate non creerà alcun problema al “fortunato” contribuente. Da rilevare, infine, che dal 2020 entrerà in vigore il nuovo regime di tassazione con imposta forfetaria del 20% per coloro che hanno ricavi/compensi fino a 100.000 euro. Pertanto, tornando all’esempio precedente e supponendo che il contribuente nell’anno x+1 consegua ricavi pari a 100.000 euro, applicherà, in tale anno, sul reddito calcolato forfetariamente l’aliquota del 15% mentre nell’anno x+2 potrà rientrare nel regime sostitutivo al 20%. Ma sorge un altro dubbio: cosa accade se il contribuente nell’anno x+2 supera il limite di 100.000 euro? In teoria dovrebbe valere la stessa regola prevista per i forfetari con la conseguenza che la fuoriuscita avviene nell’anno x+3, mentre nell’anno x+2 si può beneficiare della tassazione sostitutiva al 20%. Su quest’ultimo aspetto, però non c’è certezza assoluta in quanto le norme che disciplinano il nuovo regime al 20% (art. 1 commi da 17 a 22 Legge n. 145/2018) non contengono una specifica regola sulla fuoriuscita Al comma 22, quando si parla di IVA e relativi adempimenti, c’è un generico rimando alle “disposizioni di cui all’art. 1, commi da 54 a 89, legge n. 190/2014”, ma non è chiaro se tale rimando si riferisca solo per ciò che concerne l’IVA o per tutto ciò che non è disposto dalla legge di Bilancio (e, solo se così fosse varrebbe l’interpretazione di cui sopra). Sarebbe, dunque, opportuno un ulteriore chiarimento su questo aspetto. Passaggio tra regimi “normali” e regime forfetario La seconda questione che merita di essere approfondita riguarda il passaggio tra regime ordinario o semplificato e regime forfetario. Il problema, per quanto concerne il regime ordinario, nasce dal fatto che, normalmente, la permanenza in tale regime è subordinata ad un vincolo triennale. Infatti, l’opzione per un regime di determinazione dell’imposta vincola il contribuente alla sua concreta applicazione almeno per un triennio, trascorso il quale si rinnova tacitamente per ciascun anno successivo, finché permane la concreta applicazione del regime scelto. La domanda, quindi, sorge spontanea: chi ha optato per la contabilità ordinaria nel 2017/2018, ma che ora ha i requisiti di accesso per il regime forfettario può accedervi o deve comunque attendere il decorso del triennio previsto per gli esercizi delle opzioni IVA? L’Agenzia delle Entrate, sul punto, sgombra ogni dubbio: gli esercenti attività d’impresa che hanno optato per la contabilità ordinaria possono accedere al regime forfetario a partire dal periodo d’imposta 2019 senza attendere il decorso del triennio previsto per gli esercizi delle opzioni IVA. Stesso discorso vale anche per coloro che sono in contabilità semplificata e vogliono passare al regime forfetario. In questo caso, anzi, la questione è ancora più semplice essendo i due regimi (semplificato e forfetario) entrambi “naturali” per i contribuenti che ne hanno i requisiti. Possesso di partecipazioni di controllo Una delle nuove ipotesi di esclusione dal nuovo regime forfetario riguarda il controllo diretto o indiretto di società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni (art. 1, comma 57, lettera d, legge n. 190/2014). A tale proposito il dubbio più ricorrente concerne il momento a partire dal quale scatta l’esclusione. In pratica, se un soggetto nell’anno x possiede una quota in una S.r.l. tale da configurare l’ipotesi di esclusione, per poter applicare il regime forfetario è sufficiente che se ne liberi durante tale anno o occorre che ciò avvenga l’anno precedente? La risposta dell’Agenzia delle Entrate è scontata: il contribuente può applicare il regime agevolativo solo se, nell’anno precedente a quello di applicazione del regime, provveda a rimuovere preventivamente le cause ostative. Quindi, per applicare il regime forfetario nell’anno x, la partecipazione, nel nostro caso, deve essere ceduta entro il 31 dicembre dell’anno x-1.