La Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato in data 6 marzo 2019 un interessante documento di ricerca dal titolo “Il peer to peer lending: aspetti operativi e opportunità per aziende e investitori”. Con questo termine si intende uno strumento di finanziamento, che rientra nel più ampio novero dei servizi di crowdfunding, alternativo rispetto agli intermediari creditizi, attraverso il quale famiglie e piccole imprese vengono finanziate direttamente da una moltitudine di investitori. L’incontro tra domanda e offerta di fondi avviene su una piattaforma informatica che valuta il merito di credito dei debitori e gestisce i flussi di pagamento tra le parti. Dal punto di vista fiscale, dal primo gennaio 2018, per le persone fisiche i proventi che derivano da peer to peer lending vengono assimilati a redditi di capitale. Per tale ragione sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta con aliquota del 26%. Occorre rilevare che precedentemente per le persone fisiche le somme erano sottoposte alle ordinarie aliquote progressive IRPEF, scontando marginale del soggetto percettore dal 23% al 43%. La Legge di Bilancio 2018 ha modificato la normativa prevedendo che i proventi che derivano da peer to peer lending vengano assimilati a redditi di capitale. Diversamente i peer to peer lending no profit godono di un particolare aspetto fiscale, dovuto al nuovo Codice del Terzo Settore. In particolare, si stabilisce che i gestori di piattaforme web che svolgono attività di social lending per il finanziamento delle attività di interesse generale, ossia del terzo settore, devono agire come sostituti di imposta e applicare così agli importi percepiti una ritenuta alla fonte a titolo di imposta. In tale ipotesi l’aliquota è quella stabilita per le obbligazioni e titoli di stato, che è pari al 12,50%.