L’accertamento basato su indagini bancarie riconosce ampi poteri istruttori all’Amministrazione Finanziaria nell’attività di verifica e accertamento, prevedendo l’onere probatorio a carico del contribuente. Infatti, è prevista una inversione dell’onere della prova che grava sul contribuente, il quale deve dimostrare che le operazioni risultanti da rapporti finanziari esulano dalla sua attività ossia da imposizione fiscale. Tale prova può essere allegata anche in fase contenziosa. È quanto ha ribadito la Commissione tributaria provinciale di Roma, sezione XIX, con la sentenza n. 1403 del 31 gennaio 2019. IL FATTO Un contribuente impugnava l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate, a seguito di un’indagine bancaria ex art. 41-bis del D.P.R. n. 600/1973, accertava un maggior reddito imponibile ai fini IRPEF, oltre le relative addizionali e sanzioni. Il contribuente eccepiva la nullità dell’accertamento in quanto illegittimo per l’utilizzo delle indagini bancarie e per la mancata allegazione della relativa autorizzazione. Eccepiva, altresì, l’illegittimità dell’atto impositivo perché non autorizzato e non preceduto da un processo verbale di constatazione. Evidenziava peraltro di aver ricevuto dall’Agenzia delle Entrate un invito al contraddittorio a fronte del quale aveva presentato istanza di accertamento con adesione sottoscrivendo l’atto di adesione e dichiarando di essere disponibile al pagamento. Successivamente a tale accordo presentava ricorso, riservandosi di produrre giustificazioni sulle movimentazioni bancarie in sede contenziosa. La normativa L’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, recante norme sui “Poteri degli uffici”, prevede al comma 2 che l’Amministrazione finanziaria può invitare i contribuenti, specificandone i motivi, a fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, recando la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti correnti bancari. Tale presunzione comporta che l'onere probatorio dell’Amministrazione finanziaria è soddisfatto, in base al suddetto art. 32, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili; pertanto, qualora il contribuente si limiti a deduzioni del tutto generiche sui versamenti effettuati senza fornirne giustificazioni concrete questi non potranno che essere recuperati a reddito dall’ufficio finanziario. Il successivo comma 7 dell’art. 32 prevede, inoltre, che l’Amministrazione può richiedere, previa autorizzazione del direttore dell’Agenzia delle Entrate, alle banche, alle società, etc., dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. LA DECISIONE DELLA CTP ROMA La sentenza affronta la ratio decidendi dell’accertamento eseguito a seguito di indagini bancarie, fornendo l’ambito operativo della presunzione legale ex art. 32, comma 1, del Dpr n. 600/1973. I giudici hanno respinto preliminarmente l’eccezione relativa alla mancata autorizzazione alle indagini bancarie atteso che, come ritenuto da consolidata giurisprudenza, il ricorrente aveva avuto conoscenza di tale autorizzazione con il ricevimento dell’invito al contraddittorio. Nel merito la Commissione ha ritenuto che l’accertamento basato su indagini bancarie è legittimo e prevede ampi poteri istruttori esercitabili dall’Amministrazione finanziaria nello svolgimento delle attività di verifica e accertamento, ricorrendo ad una presunzione legale di cui al citato art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 che dispensa l’Agenzia delle Entrate da qualunque prova a favore della quale è stabilita. Sul tema la Corte di Cassazione ha ritenuto che la presunzione legale di cui dispone l’Amministrazione prevista dal citato art. 32 è superabile da prova contraria del contribuente che deve dimostrare che le operazioni derivanti dai movimenti bancari non sono imponibili (Cass. n. 8266/2018). Ed inoltre che l'avviso di accertamento per maggiori entrate derivanti da lavoro autonomo può basarsi su presunzioni derivanti da ingiustificati versamenti su conto corrente bancario. Infatti, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 228/2014, resta oggi invariata la presunzione legale d'imponibilità dei versamenti in conto effettuati da tali soggetti (Cass. n. 2192/2018; n. 2649/2018). Nella specie la parte ricorrente aveva dichiarato di aver ricevuto l’invito al contraddittorio ed ha presentato istanza di accertamento con adesione sottoscrivendo l’atto di adesione e dichiarando di essere disponibile al pagamento. Successivamente a tale accordo il contribuente aveva presentato il ricorso, riservandosi di produrre giustificazioni sulle movimentazioni bancarie in sede contenziosa che sarebbero state valutate dal giudice al fine della verifica della prova liberatoria a fronte delle presunzioni del fisco. La CTP ha innanzitutto rilevato dalla sottoscrizione dell’adesione, una sorta di acquiescenza alla contestazione dell’Ufficio che tuttavia poteva essere superata dall’esibizione delle giustificazioni delle movimentazioni bancarie. Tuttavia, il contribuente anche dopo la presentazione del ricorso non presentava alcun documento giustificativo delle movimentazioni bancarie. Per tali ragioni i giudici hanno respinto il ricorso del contribuente riconoscendo l’onere probatorio a carico dello stesso.