È legittimo l'accertamento sottoscritto su delega se il contribuente può verificare la corrispondenza fra il sottoscrittore e il destinatario della delega stessa. Dinanzi all'eccezione in giudizio, infatti, è l'Amministrazione a dover dimostrare tali poteri. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8814 del 29 marzo 2019. IL FATTO La vicenda trae origine dall'impugnazione di una società nella quale era stato eccepito anche un vizio della delega di firma dell'accertamento e, segnatamente, non era indicato il nominativo del dirigente delegato. Entrambi i giudici di merito annullavano il provvedimento nel presupposto che la delega di firma deve necessariamente indicare a pena di nullità tale nominativo del delegato. L'ufficio ricorreva così in Cassazione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Suprema corte ha innanzitutto rilevato che l'articolo 42 del Dpr 600/73, nel prevedere l'obbligo della sottoscrizione a pena di nullità, non contiene alcuna specificazione sulle modalità di rilascio della delega, alla sua funzione e ai requisiti di validità. Dinanzi alla contestazione del contribuente nel proprio ricorso, l'Amministrazione è tenuta a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado del giudizio. Pertanto, la sottoscrizione dell'accertamento da un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ovvero da un soggetto non validamente delegato, non soddisfa il requisito della sottoscrizione previsto a pena di nullità. Secondo costante giurisprudenza (Cassazione 22803/2015 ed altre successive) la delega deve essere nominativa, non essendo sufficiente un ordine di servizio in bianco che si limiti alla qualifica del delegato (capo ufficio, capo area, capo team). I giudici di legittimità hanno così rilevato che occorreva verificare se con i documenti in atti, fosse possibile individuare ai fini del controllo, il nome del delegato firmatario dell'accertamento. Secondo la sentenza, in conclusione, nella delega non è richiesta alcuna indicazione nominativa né la sua temporaneità, poiché tale delega di firma può essere attribuita attraverso un ordine di servizio. Questo documento, continua la Corte, deve individuare il soggetto delegato attraverso l'indicazione della qualifica rivestita dall'impiegato delegato la quale parimenti consente la successiva verifica della corrispondenza fra il sottoscrittore e il destinatario della delega stessa. Non è chiaro se la decisione si riferisca ai casi in cui la delega di firma si limiti ad individuare la qualifica del funzionario delegato, senza alcuna indicazione del nome, ma si accompagni ad altro documento (in genere ordine di servizio) che riporta dettagliatamente per tutti i nominativi dei funzionari e la rispettiva carica ricoperta. In tal caso, non si ravviserebbe alcun cambio di orientamento rispetto alla precedente giurisprudenza della Suprema corte, atteso che il nominativo del delegato, pur non risultando nella delega, compare in qualche modo nell'ordine di servizio. Se invece la Cassazione con la pronuncia ha ritenuto valido un atto di delega o un ordine di servizio senza alcun nominativo del sottoscrittore delegato, si tratterebbe di un significativo mutamento giurisprudenziale, per il quale a questo punto, stante il contrasto, sarebbe auspicabile un intervento delle sezioni unite.