La Corte di Cassazione conferma l’impossibilità di assoggettare a Ici (oggi Imu) i fabbricati collabenti, iscritti nella categoria catastale fittizia F/2, con la sentenza n. 10122 depositata l’11 aprile 2019, in linea con sue precedenti pronunce. IL FATTO La questione concerne l’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili su di un fabbricato “collabente”, risultante iscritto nella categoria F/2, senza attribuzione di rendita. Le unità immobiliari collabenti sono unità che per il loro sopraggiunto degrado non sono più in grado di produrre reddito, ma che comunque risultano individuabili (di norma con copertura parziale o totale o con muri perimetrali almeno per 1 metro). In base all’art. 3, comma 2, del Dm 28/1998, sono tali le costruzioni caratterizzate da un notevole livello di degrado che ne determina una incapacità reddituale temporalmente rilevante. I precedenti della Corte In passato la Suprema Corte (sentenza n. 5166/2013), aveva ritenuto che laddove si trattasse di fabbricati che potevano essere demoliti e quindi ricostruiti, conservandosi quindi il diritto edificatorio corrispondente alla volumetria esistente, gli stessi andavano assoggettati ad Ici sulla base del valore venale in comune commercio di tale potenzialità edificatoria. In altri termini, veniva assoggettata all’imposta non il fabbricato, privo di rendita, ma l’area di sedime potenzialmente edificabile. Tuttavia, tale tesi era stata già sconfessata dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 17815/2017, la quale evidenziava che il fabbricato iscritto nella categoria F/2 non è assoggettabile all’Ici, non poiché viene meno il presupposto dell’imposta, in quanto lo stesso rimane un fabbricato, ma piuttosto per l’azzeramento della base imponibile in seguito all’impossibilità di produrre reddito. Eventualmente era onere del Comune contestare l’errato classamento. Non può tassarsi neppure come area edificabile, a parere della Corte, in quanto si tratta di fabbricato e comunque di un’area già edificata e non di un’area edificabile. Non può infatti considerarsi edificabile un’area in cui il Prg preveda solo interventi di recupero dell’esistente senza incrementi volumetrici. Rincaravano la dose successivamente le pronunce n 23801/2017-24120/2017-25774/2017-7653/2018, le quali evidenziavano che il fabbricato accatastato come unità collabente (categoria F/2) oltre a non essere tassabile come fabbricato in quanto privo di rendita, non lo è neppure come area edificabile, sino a quando l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile, che da allora è assoggettabile al tributo come tale, fino al subentro della tassazione del fabbricato ricostruito. Peraltro, non vi è a parere della Corte disparità di trattamento tra l’area occupata dal fabbricato collabente, non tassata e l’area sgombra, invece tassata. Questo perché la seconda è prontamente tassabile, mentre la prima richiede interventi di bonifica e demolizione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione nella sentenza in commento ribadisce che è errato tassare il fabbricato collabente, in quanto la sottrazione ad imposta dello stesso, in ragione dell'azzeramento della relativa base imponibile, non può essere superata prendendo a riferimento la diversa base imponibile prevista per le aree edificabili e costituita dal valore venale del terreno sul quale il fabbricato insiste, atteso che la legge prevede l'imposizione Ici per le aree edificabili e non per quelle già edificate. La questione assume rilevanza anche per l’Imu, tenuto conto che i criteri di determinazione della base imponibile del tributo degli immobili soggetti sono sostanzialmente gli stessi dell’Ici. Tuttavia sarebbe opportuna una riflessione sul tema, alla luce anche del rilevante fenomeno elusivo che una tale interpretazione può determinare, con rilevante calo del gettito tributario. Non è infatti infrequente il caso di fabbricati non utilizzati che vengono privati della copertura per poter essere declassati a collabenti e sfuggire all’Imu. La Corte ritiene in buona sostanza che il fabbricato collabente non sia soggetto al tributo in quanto privo di rendita e quindi di base imponibile, poichè, per la medesima Corte, il fabbricato collabente è pur sempre un fabbricato ai fini Ici (e Imu). Tuttavia, a ben vedere, la definizione di fabbricato fornita dalla norma tributaria indentifica lo stesso con l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta in catasto (art. 2, comma 1, lettera a, Dlgs 504/1992). Il comma 2 dell’art. 3 del Dm 28/1998 precisa che l’iscrizione in catasto delle unità collabenti nell’ambito della categorie fittizie, non è un obbligo ma una mera facoltà. Ne deriva che l’unità collabente non iscritta in catasto non rientra nella definizione di fabbricato ai Imu. Pertanto, seguendo la tesi della Cassazione, risulterebbero non soggette da Imu le unità collabenti iscritte in catasto per scelta del titolare, mentre per quelle non iscritte, non rientrando nella definizione di fabbricato (…unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta in catasto), l’imposta sarebbe dovuta sulla base dell’area edificabile, visto che il suolo su cui insistono esprime una volumetria utilizzabile. Venendosi a creare in tal modo una palese disparità di trattamento.