Se, dopo due giudizi favorevoli al contribuente, la Cassazione accoglie il ricorso dell’ufficio rinviando alla commissione regionale – che ribadisce le ragioni del contribuente – la definizione non può usufruire del pagamento ridotto al 5% perché l’Agenzia ha comunque incassato un giudizio favorevole. È questo uno dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 10/E del 15 maggio 2019. Nella specie era stato chiesto se dopo una doppia decisione di merito favorevole al contribuente, cassata dalla Cassazione con rinvio, e successiva sentenza favorevole al contribuente della Ctr in sede di riassunzione, ma nuovamente impugnata dall’Ufficio (e pendente presso la Suprema corte), fosse possibile la definizione al 5%. Secondo la circolare la controversia è definibile con il pagamento del 15% in quanto il giudizio di impugnazione della pronuncia di secondo grado favorevole al contribuente, instaurato dall’Agenzia, si è concluso con una sentenza di cassazione con rinvio, da considerarsi favorevole all’ufficio. La circolare affronta poi l’ipotesi di un accertamento contenente imposta e sanzioni collegate, per il quale la Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, dichiarando la debenza dell’imposta e rinviando alla Ctr per la sola rideterminazione delle sanzioni. Secondo il documento di prassi, la lite risulta pendente solo per le sanzioni ed è definibile, senza il pagamento di alcun importo, in quanto il tributo risulta definito. Da ultimo va segnalato il caso, non raro, di contenzioso pendente in Cassazione (al 19 dicembre 2018) per una contestazione in cui nei due gradi di merito il contribuente è risultato vincitore. Originariamente, però, vi erano altri rilievi su cui si è formato il giudicato interno e quindi non più oggetto di lite. Secondo la circolare, la definizione della lite può avvenire con il 15% e non con il pagamento del 5 % in quanto quest’ultima misura trova applicazione solo con riferimento alle soccombenze integrali in tutti i precedenti gradi di giudizio dell’ufficio. La soccombenza va determinata dal raffronto tra quanto chiesto dal contribuente e quanto deciso dall’organo giurisdizionale adito e si considera «integrale» quando la domanda del contribuente sia stata accolta in toto. Nella specie poiché l’Amministrazione era risultata parzialmente vittoriosa nei precedenti gradi, è possibile effettuare la definizione con il 15 % per la parte ancora in contestazione alla data della domanda. A questo proposito si ritiene che poteva essere correttamente assunta la differente interpretazione più favorevole al contribuente. In realtà, infatti, la norma di riferimento per la definizione al 5% (comma 2 ter dell’articolo 6) si limita a citare le controversie pendenti in Cassazione al 19 dicembre 2018 per le quali l’Agenzia sia risultata soccombente in entrambi i gradi. A ben vedere, a quella data, era pendente non l’iniziale pretesa contenuta nell’accertamento, ma soltanto quella oggetto di giudizio (favorevole al contribuente). A conferma che occorra aver riguardo alla sola parte ancora in contestazione (e non quella iniziale, in parte, non oggetto più di lite) c’è anche la circostanza che la percentuale da versare (15 o 5%) è commisurata alla pretesa pendente e non a quella iniziale, per cui non si comprende perché solo per l’applicazione del 5% si debba far riferimento all’intero importo inizialmente preteso anche se non più in contestazione.