Il consulente del lavoro risponde dell’atto errato anche se concordato con il cliente

Il professionista (nel caso di specie, un consulente del lavoro) che, incaricato di assistere le parti in un'operazione di cessione di ramo d'azienda, dichiari il valore dell'avviamento, per la determinazione della base imponibile a fini fiscali, in misura nettamente inferiore alla reale capacità di profitto dell'attività produttiva (nella specie, 72.000 euro di valore dichiarato a fronte di 443.000 euro di valore accertato) non va esente da responsabilità, anche se la decisione era condivisa con i clienti. Così la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13828 del 22 maggio 2019, ha confermato il principio secondo cui l'aver concordato l'errata scelta professionale con il cliente non esclude la responsabilità professionale del consulente, che non è esente da colpa. La decisione ribadisce quanto affermato nell'ordinanza n. 13592/2019 in relazione all'attività di un notaio che aveva redatto un'erronea dichiarazione di successione basata su valori indicati dai clienti e ancora prima nell'ordinanza n. 29846 del 20 novembre 2018, a proposito di un commercialista che aveva conteggiato erroneamente i contributi previdenziali. Seppur con esiti tra loro diversi (nel primo caso il professionista è stato ritenuto interamente responsabile, nel secondo è stato riconosciuto il concorso di colpa del cliente), anche le richiamate decisioni avevano affermato che la richiesta proveniente dal cliente non valesse a escludere la responsabilità del consulente. Il professionista, dunque, è tenuto quantomeno a rendere note ai committenti le potenziali conseguenze dannose derivanti da una dichiarazione non veritiera: tale obbligo si fonda sul dovere di adempiere le prestazioni professionali con diligenza qualificata ex art. 1176 comma 2 c.c. e impone al professionista di prestare una consulenza che sia funzionale non solo a realizzare lo scopo dell'operazione, ma anche a rispettare i doveri imposti dalle norme fiscali. Consulenza funzionale a rispettare i doveri imposti dalle norme fiscali Con il principio in commento la Corte "cassa" la sentenza della Corte d'Appello che aveva addotto, tra le altre motivazioni, che la cessione di ramo d'azienda e la sua valutazione economica esulassero dalle competenze professionali del consulente del lavoro. A riguardo, e anche al fine di valutare il diritto al compenso del consulente, la Cassazione rimanda all’esame del giudice del rinvio la questione se le prestazioni svolte dal consulente rientrino nell'assistenza e consulenza in materia aziendale, attività che, secondo la giurisprudenza dominante, non sono riservate in via esclusiva ai dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti commercialisti (in questo senso si sono espresse Corte Cost. n 418 del 1996, per una fattispecie riferita al periodo di vigenza degli albi separati e, per casi successivi all'istituzione dell'Albo unico, Cass. 28 maggio 2018 n. 13342).

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La diligenza richiesta nella prestazione professionale impone di avvertire i clienti sulle conseguenze di dichiarazioni non veritiere

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