La disciplina del tributo IRAP rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, pertanto la potestà legislativa attribuita alle Regioni deve essere esercitata nei limiti fissati dal legislatore statale. E’ questa la decisione della Corte Costituzionale con sentenza n. 128 del 28 maggio 2019 con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme regionali che, limitatamente a quanto disposto per il periodo di imposta 2002 hanno aumentato l’aliquota IRAP per le banche e gli altri enti e società finanziarie, nonché le imprese di assicurazione. IL FATTO La Commissione tributaria provinciale (CTP) di Padova e la Commissione tributaria regionale (CTR) del Lazio dubitano della legittimità costituzionale di alcune disposizioni regionali che apportano, per il periodo di imposta 2002, per gli istituti bancari, un incremento dell’aliquota IRAP, elevandola al 5,75 per cento (per le Regioni Marche e Lazio) ed al 5,25 per cento (per la Regione Siciliana), rispetto a quella fissata, nella misura del 4,75 per cento, dal legislatore statale, con il comma 2 dell’art. 45 del decreto legislativo n. 446/1997. LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE La Corte Costituzionale rileva innanzi tutto che l’art. 24 del D.Lgs. n. 446 del 1997, nell’individuare i poteri delle Regioni, dispone che: - le Regioni a statuto ordinario possono disciplinare, con legge, nel rispetto dei princìpi in materia di imposte sul reddito e di quelli recati dal presente titolo, le procedure applicative dell’imposta, ferme restando le disposizioni degli artt. 19, da 21 a 23, e da 32 a 35; - le Regioni a statuto speciale e le Provincie autonome di Trento e Bolzano “provvedono, con legge, alla attuazione delle disposizioni del presente titolo in conformità delle disposizioni della legge 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 3, commi 158 e 159”. Inoltre è prevista (nell’ambito delle misure di razionalizzazione della finanza pubblica), una clausola di salvaguardia attraverso la quale, la Regione Siciliana può provvedere con propria legge alla attuazione del decreto relativo alla istituzione dell’IRAP, con le limitazioni richieste dalla speciale autonomia finanziaria preordinata dall’articolo 36 dello Statuto regionale e dalle relative norme di attuazione». La disciplina valevole ratione temporis nei giudizi principali prevede, al comma 1 dell’art. 16 del D.Lgs. n. 446/1997, un’aliquota generale del 4,25 per cento, facendo «salvo quanto previsto […] nei commi 1 e 2 dell’articolo 45». Quest’ultimo articolo prevede, per le banche e gli altri enti e società finanziarie, nonché le imprese di assicurazione, «per i periodi d’imposta in corso al 1° gennaio 1998, al 1° gennaio 1999 e al 1° gennaio 2000» un’aliquota stabilita nella misura del 5,4 per cento mentre, per i due periodi d’imposta successivi, l’aliquota stabilita, è rispettivamente, nelle misure del 5 e del 4,75 per cento. Quindi per l’anno di imposta 2002, in relazione al quale veniva chiesto il rimborso dell’IRAP, l’aliquota stabilita in via transitoria era pari al 4,75 per cento. Il comma 3 del citato art. 16, poi, a decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del medesimo decreto legislativo, attribuisce alle Regioni la facoltà di variare «l’aliquota fino ad un massimo di un punto percentuale», e la giurisprudenza costituzionale ha già chiarito che tale facoltà di variazione è riferibile alla sola aliquota ordinaria di cui al precedente comma 1 e non anche alle aliquote speciali di cui al successivo art. 45 (sentenza n. 357 del 2010). La Corte Costituzionale richiama dunque la pronuncia n. 177 del 2014 la quale ha affermato che la disciplina del tributo IRAP, rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.: la potestà legislativa attribuita alle Regioni deve essere, dunque, esercitata nei limiti fissati dal legislatore statale. La Corte evidenzia che la facoltà di variazione attribuita alle Regioni è riferibile alla sola aliquota ordinaria, con esclusione, dunque, dell’aliquota speciale fissata, per le banche e gli altri enti e società finanziarie, nonché le imprese di assicurazione, per l’anno di imposta 2002, nella misura (non passibile di variazioni) pari al 4,75 per cento. Solo dall’anno successivo al 2002, cessata la disciplina transitoria, trova applicazione quella ordinaria di cui all’art. 16, che, al comma 1, fissa l’aliquota al 4,25 per cento e, al comma 3, attribuisce alle Regioni la potestà di variare l’aliquota fissata dal legislatore statale fino ad un punto percentuale. Sulla base di tale lettura complessiva della disciplina statale è stata quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 5, della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2001, n. 27 (Legge finanziaria 2002), il quale disponeva l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota IRAP determinata in via temporanea per gli istituti bancari dal comma 2 del citato art. 45. Allo stesso modo, trattandosi sempre di norme con le quali le Regioni hanno disposto l’aumento dell’aliquota IRAP al di fuori del perimetro delineato dal legislatore statale che aveva riconosciuto tale facoltà solo per l’aliquota ordinaria e non per quella speciale, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, della legge della Regione Marche n. 35 del 2001, nonché dell’art. 5, comma 1, della legge della Regione Lazio n. 34 del 2001 e correlata statuizione della Tabella A ad essa allegata e dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione Siciliana n. 2 del 2002, limitatamente a quanto disposto per il periodo di imposta 2002 per le banche e gli altri enti e società finanziarie, nonché le imprese di assicurazione.