Il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon ed il viceministro all’Economia Laura Castelli hanno comunicato la nascita, grazie ad un emendamento governativo al DDL crescita, del contratto di espansione per favorire nuove assunzioni. Il contratto in questione dovrebbe – come si evince dalla nota diffusa agli organi di stampa – superare il contratto di solidarietà definito come “totalmente ignorato dalle imprese”. Poiché al momento non è dato conoscere i contenuti specifici dell’emendamento, si cercherà di comprenderne la differenza rispetto al contratto di solidarietà difensivo ed espansivo. Contratto di solidarietà difensivo Innanzitutto, occorre tener presente che con la riforma degli ammortizzatori sociali, il Legislatore ha trasformato il contratto di solidarietà difensivo in una causale dell’intervento di integrazione salariale straordinaria che si aggiunge alla riorganizzazione aziendale ed alla crisi aziendale. Come il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha chiarito con la circolare n. 24 del 5 ottobre 2015, si tratta in pratica di un accordo collettivo aziendale, ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, che stabilisce una riduzione dell’orario di lavoro per evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale anche attraverso un suo più razionale impiego finalizzato a scongiurare ipotesi di licenziamento per i lavoratori durante l’intero periodo di vigenza dello stesso. Per la causale di contratto di solidarietà e relativamente a ciascuna unità produttiva, il trattamento straordinario di integrazione salariale può avere una durata massima di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile. Da notare che i contratti di solidarietà difensivi, in corso da almeno 12 mesi e quelli stipulati prima del 1° gennaio 2016, possono essere trasformati in contratti di solidarietà espansiva, a condizione che la riduzione complessiva dell’orario di lavoro non sia superiore a quella già concordata. Ai lavoratori spetta un trattamento di integrazione salariale di importo pari al 50% della misura dell’integrazione salariale prevista prima della trasformazione del contratto e il datore di lavoro integra tale trattamento almeno sino alla misura dell’integrazione originaria. L’integrazione a carico del datore di lavoro non è imponibile ai fini previdenziali e vige la contribuzione figurativa. Contratto di solidarietà espansivo Anche i contratti di solidarietà espansivi – che effettivamente hanno avuto fino ad oggi scarsa applicazione - sono accordi collettivi aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale o dalle loro RSA e RSU, ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, e prevedono una riduzione stabile dell'orario di lavoro, con riduzione della retribuzione, e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale. Tali contratti vanno depositati presso l’ITL territorialmente competente che ne deve verificare l’effettiva corrispondenza tra la riduzione concordata dell’orario di lavoro e le assunzioni effettuate prima di concedere un’agevolazione contributiva concessa per ogni lavoratore assunto sulla base dei predetti contratti collettivi e per ogni mensilità di retribuzione. Tale agevolazione consiste in un contributo a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali istituita presso l'INPS, di cui all'articolo 37 della Legge n. 88 del 1989, pari, per i primi 12 mesi, al 15% della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile mentre, per ciascuno dei due anni successivi il predetto contributo è ridotto, rispettivamente, al 10% e al 5%. In alternativa al succitato contributo, per i datori di lavoro che assumano lavoratori di età compresa tra i 15 e i 29 anni, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta, per i primi tre anni e comunque non oltre il compimento del ventinovesimo anno di età del lavoratore assunto, in misura corrispondente a quella prevista per gli apprendisti, ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nella misura prevista per la generalità dei lavoratori. Per usufruire di questi benefici, il datore di lavoro non deve: - aver ridotto il personale o effettuato sospensioni in regime di CIGS nei 12 mesi precedenti all’assunzione; - ridurre nell’unità produttiva la percentuale della manodopera femminile rispetto a quella maschile - o di quest’ultima se inferiore - a meno che ciò sia espressamente previsto dal contratto collettivo aziendale per compensare una disparità di genere. Ai lavoratori delle imprese nelle quali siano stati stipulati i contratti collettivi di solidarietà espansiva, che abbiano una età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di 24 mesi e abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia, spetta, a domanda e con decorrenza dal mese successivo a quello della presentazione, il trattamento di pensione nel caso in cui essi abbiano accettato di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell'orario di lavoro praticato prima della riduzione convenuta nel contratto collettivo. Il trattamento spetta a condizione che la trasformazione del rapporto avvenga entro un anno dalla data di stipulazione del predetto contratto collettivo e in forza di clausole che prevedano, in corrispondenza alla maggiore riduzione di orario, un ulteriore incremento dell'occupazione. Limitatamente al predetto periodo di anticipazione il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo della somma corrispondente al trattamento retributivo perso al momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, ferma restando negli altri casi la disciplina vigente in materia di cumulo di pensioni e reddito da lavoro. Il nuovo contratto di espansione Il contratto di espansione proposto dal Governo dovrebbe garantire da una parte i diritti dei lavoratori e dall’altra salvaguardare la produttività delle aziende. In pratica le imprese che hanno processi di reindustrializzazione e sviluppo tecnologico potranno: - assumere a tempo indeterminato tutti i lavoratori coerenti con i processi di reindustrializzazione; - riqualificare e/o formare tutto o parte delle professionalità destinate a non essere più utilizzate in modo proficuo. Sarà, inoltre possibile riconoscere, a quei lavoratori che si trovino a meno di 84 mesi del raggiungimento del requisito pensionistico, un’indennità di prepensionamento con onere interamente a carico dell’azienda. A fronte di questi impegni lo Stato garantirà a queste imprese la Cassa Integrazione Straordinaria per 18 mesi e contestualmente chiederà l’avvio dei processi di riqualificazione e formazione. Il tutto dovrebbe avvenire attraverso un iter condiviso tra sindacati e aziende che insieme individueranno le professionalità a rischio per favorire la riduzione oraria dei lavoratori e impiegarli così nei processi di riqualificazione e formazione con l’obiettivo di non perdere il posto lavoro. Conclusioni Dalle pochissime informazioni date dal Governo, sembrerebbe che il nuovo contratto di espansione sia un mix tra quello di solidarietà difensiva e quello di solidarietà espansiva attivabile da aziende che abbiano in atto processi di reindustrializzazione e sviluppo tecnologico. Nel caso di specie il contratto prevederebbe incentivi per le aziende che assumano a tempo indeterminato lavoratori con qualifiche attinenti il processo di reindustrializzazione e riqualifichino e/o formino il personale già in forza non più utilizzabile, potendo anche mandare in pensione anticipata, con oneri a carico dell’azienda, i lavoratori più vicini alla pensione. In cambio all’azienda sarà riconosciuta la CIGS per 18 mesi. Non resta che attendere che il Governo fornisca maggiori dettagli per poter valutare compiutamente la convenienza di tale istituto.