Nei reati tributari, il semplice impegno a pagare, anche con istanza di rottamazione-ter, non blocca il sequestro preventivo finalizzato alla confisca: occorre infatti l’accordo dell’ufficio e il relativo pagamento. A precisarlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 25061 del 5 giugno 2019. IL FATTO La vicenda nasce dal sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti del legale rappresentante di più società indagato in diversi reati tributari. Il Tribunale del riesame confermava il sequestro e la controparte ricorreva in Cassazione. Tra i motivi di ricorso, lamentava che il giudice territoriale non aveva tenuto conto dell’impegno formale al pagamento provato con le istanze di rottamazione-ter. Inoltre, nel calcolo del profitto del reato c’era stata una doppia misura cautelare: l’indagato era legale rappresentante sia della società emittente sia della utilizzatrice delle fatture per operazioni inesistenti e poiché il sequestro era stato disposto per entrambe, per la difesa si trattava della medesima imposta per la quale poteva essere disposta un’unica misura cautelare. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Suprema corte nel rigettare tali doglianze ha fornito importanti chiarimenti. Innanzitutto, i giudici di legittimità hanno ricordato che la mera presentazione di un’istanza di ammissione al concordato preventivo con il relativo piano nel quale è contenuta anche la richiesta di accesso alla rottamazione-ter, non è idonea ad impedire il sequestro preventivo. Occorrono, infatti, i provvedimenti di ammissione e di omologazione. L’articolo 12-bis del Dlgs 74/2000 prevede che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. La Cassazione ha chiarito che “si impegna” si riferisce alle ipotesi di accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, ma anche alle procedure di attivazione di rateazione, come l’accordo per il pagamento rateale del debito d’imposta raggiunto con le Entrate. Senza affermarlo chiaramente, la decisione sembra confermare che anche la rottamazione consente la riduzione del sequestro ma solo se, dopo la presentazione della domanda, sussiste la conferma/accettazione dell’Ufficio ed il relativo pagamento. La sentenza ha poi affrontato la questione della duplicazione della misura cautelare. Per i giudici le fatture false hanno portato indebiti vantaggi fiscali ad entrambe le società. Ne è così conseguito che per l’emittente il profitto del reato era costituito proprio dal risparmio fiscale conseguito.