La sussistenza di un errore scusabile nel versamento dell'imposta può essere interpretata estensivamente. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 14608 del 29 maggio 2019. IL FATTO Una società ha presentato all'Amministrazione finanziaria istanza di rimborso delle prime due rate (dell'importo complessivo di euro 52.468.72, oltre agli interessi) da essa versate in adempimento dell'imposta sostitutiva relativa alla rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati. La contribuente, al fine di ottenere il relativo rimborso, ha dedotto che, dopo aver già predisposto la perizia giurata di stima ed effettuato i primi due versamenti, aveva successivamente provveduto, sempre al fine di avvalersi della rideterminazione delle medesime partecipazioni societarie, a reiterare la stima del valore di queste ultime ed a versare la prima rata della corrispondente imposta sostitutiva riliquidata. L'Agenzia delle Entrate non ha disposto il rimborso, ritenendo irregolare ed invalida la procedura della seconda liquidazione dell'imposta sostitutiva in quanto, effettuata la nuova rivalutazione, la prima rata era stata pagata dalla medesima società, che non era il soggetto passivo dell'imposizione; mentre solo le restanti due rate erano state versate dai soci (in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione), unici effettivi legittimati passivi rispetto all'imposta sostitutiva in questione. La società ha presentato nuova istanza di rimborso ed ha poi proposto ricorso avverso il conseguente silenzio-rifiuto dell'Ufficio, invocando l’errore scusabile nel pagamento delle rate versate dalla società e non dai suoi soci, unici soggetti passivi dell'imposta sostitutiva. La Ctp ha accolto il ricorso, ritenendo la sussistenza di un errore scusabile nel versamento dell'imposta sostitutiva eseguito dalla società, invece che dai soci. L'Agenzia delle Entrate ha proposto appello, davanti alla Ctr, avverso tale sentenza, ritenendo che il primo giudice avesse errato nel ravvisare un errore scusabile, o una mera irregolarità formale, del contribuente, e ribadendo che l’invalidità della seconda procedura di accesso alla liquidazione dell'imposta sostitutiva, in quanto non effettuata dal titolare passivo di quest'ultima, escludeva anche ogni possibilità di invocare il preteso rimborso delle somme versate dalla società, per la medesima imposta, nell'ambito della prima procedura di liquidazione. La Ctr ha rigettato l'appello e confermato la sentenza appellata, ritenendo la sussistenza dell'errore scusabile nel fatto che i versamenti dei quali era domandato il rimborso erano stati eseguiti in parte dalla società, piuttosto che dai soci, e rilevando che l'errore nell'interpretazione della normativa di riferimento, relativo all'individuazione del soggetto passivo d'imposta, era stato favorito dall'Agenzia delle Entrate, che non aveva ravvisato e segnalato elementi ostativi alla continuazione dei versamenti dell'imposta. L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione della Ctr per avere ritenuto che la disciplina dell'errore scusabile possa rilevare, al fine di giustificare la richiesta del rimborso di versamenti effettuati dal contribuente, anche quando «riguarda, invece, un aspetto sostanziale del rapporto tributario, ossia l'individuazione del soggetto passivo d'imposta, che come tale non rientra nella casistica dell'errore scusabile». LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso. In realtà, osservano gli Ermellini, la fattispecie del versamento diretto effettuato (non con la consapevolezza di soddisfare l'obbligazione altrui, ma) nell'erroneo, ma scusabile, convincimento di essere personalmente obbligato, dal soggetto che non vi era tenuto, configura piuttosto l'indebito soggettivo, ex latere solventis, descritto dall'art. 2036 c.c., che genera a favore del solvens l'azione di ripetizione (cfr. Cass., 5.2.1992, n. 1257), che nel diritto tributario trova disciplina nell'art. 38, comma 1, d.P.R. n. 602/73, per il quale il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare l'istanza di rimborso nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento. Infatti tale norma, autorizzando la presentazione dell'istanza di rimborso, oltreché in caso di errore materiale, in quello di «inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento», opera in maniera indifferenziata in tutte le ipotesi di ripetibilità del versamento indebito, a prescindere dalla riferibilità dell'errore al versamento, all'an o al quantum del tributo (Cass., 6.3.2015, n. 4578). E' quindi la stessa incontestata inesistenza di un obbligo di versamento facente capo alla società che attribuisce a quest'ultima il diritto - riconosciuto dalla sentenza della Ctr impugnata - al rimborso di quanto già versato nell'erronea convinzione di esservi obbligata in quanto soggetto passivo d'imposta.