Spetta la rendita al coniuge superstite se il marito radiologo a seguito dell'esposizione per trenta anni a radiazioni ionizzanti abbia contratto un tumore e sia deceduto. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 16048 del 14 giugno 2019. La Corte ha così ribaltato i giudizi di merito secondo cui non era dimostrato il nesso di causalità tra esposizione e malattia. Avevano ribadito che si ragionava nella media probabilità di causa e spettava dunque al coniuge dimostrar scrupolosamente il nesso eziologico. La Cassazione, invece, ha completamente ribaltato l'onere probatorio chiarendo che la prova contraria era a carico dell'Inail che semmai doveva dimostrare la dipendenza della malattia da una causa extra lavorativa oppure il fatto che la lavorazione non avesse avuto idoneità sufficiente a cagionare la malattia, di modo che per escludere la tutela assicurativa fosse necessario accertare, rigorosamente ed inequivocabilmente che vi fosse stato l'intervento di un diverso fattore patogeno, che da solo o in misura prevalente, avesse cagionato o concorso a cagionare la tecnopatia. "La regola deve essere, tuttavia, temperata in caso di malattia, come quella tumorale, ad eziologia multifattoriale, nel senso che la prova del nesso causale non può consistere in semplici presunzioni desunte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma deve consistere nella concreta e specifica dimostrazione, quanto meno in via di probabilità, della idoneità della esposizione al rischio di causare l'evento morboso, con la precisazione che in presenza di forma tumorali che hanno o possono avere, secondo la scienza medica, un'origine professionale la presunzione legale quanto a tale origine torna a operare, cosicchè l'Inail può solo dimostrare che la patologia tumorale, per la sua rapida evolutività, non è ricollegabile all'esposizione a rischio in quanto quest'ultima sia cessata da lungo tempo". Nella specie la Corte d'appello di l'Aquila non si è attenuta a questi principi atteso che in presenza di esposizione a radiazioni ionizzanti per oltre 30 anni, ha rigettato la domanda senza fornire adeguata motivazione sul perchè, nonostante la pacifica prolungata esposizione del soggetto deceduto alle suddette radiazioni che presentano coefficienti di rischio cancerogeno, come ampiamente argomentato dallo stesso consulente, sia pervenuta alla conclusione della completa inefficacia causale della soggezione alle radiazioni medesimo. La Cassazione così ha accolto la richiesta di rendita della moglie.