Il pagamento della prima rata e la prestazione della garanzia costituiscono i presupposti fondamentali e imprescindibili per l’efficacia della procedura, non rappresentando una mera modalità di esecuzione della stessa. Pertanto, qualora venga omessa la prestazione della garanzia prevista dalla legge, nell’ipotesi di pagamento rateale, i futuri versamenti non potranno essere rimessi alla mera diligenza del debitore e la procedura non potrà considerarsi perfezionata, permanendo, nella sua integrità, l’originaria pretesa tributaria oggetto di accertamento, che deve essere impugnata in forma autonoma, non rilevando in alcun modo la circostanza che le rate siano state successivamente versate. A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione mediante l’ordinanza n. 14953 del 31 maggio 2019. Il mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione, a seguito all’omessa prestazione della fideiussione nell’ipotesi di pagamento rateale (ora non più richiesta), comporta la reviviscenza dell’accertamento originario che il contribuente, qualora intenda contestare la pretesa azionata dall’Ufficio, deve tempestivamente impugnare, non potendo in seguito ricorrere avverso la cartella di pagamento se non per vizi propri. Antecedentemente alle modifiche apportate dall’articolo 23 del Dl 98/2011, l’articolo 9 del Dlgs 218/1997 stabiliva che la definizione si perfezionava con il versamento delle somme dovute, ovvero con il versamento della prima rata e con la prestazione della fideiussione a garanzia delle somme rateizzate. La pronuncia è in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità pregressa (Cassazione, sentenze 13143/2018 e 13750/2013) nella quale la Suprema corte, oltre a sottolineare l’intangibilità dell’atto di adesione sottoscritto, ha chiarito la distinzione tra il momento di definizione dell’accordo tra contribuente e Amministrazione finanziaria e il successivo perfezionamento della procedura di adesione. Per quanto attiene la definizione dell’atto di adesione, una volta definito l’accertamento mediante la fissazione anche del quantum debeatur e presentata la correlata garanzia, al contribuente non resta che perfezionare l’accordo versando quanto convenuto. La Suprema corte ha confermato, infatti, che il mancato perfezionamento dell’adesione restituisce piena efficacia all’accertamento originario e, di conseguenza, il contribuente è tenuto a impugnare tale atto. Avverso la cartella di pagamento è invece proponibile il ricorso soltanto per vizi propri, non potendosi più mettere in discussione il merito della pretesa erariale avanzata con l’atto impositivo originario, ormai divenuto definitivo. È appena il caso di ricordare che tale principio trova applicazione soltanto quando la procedura di adesione è successiva alla notifica dell’avviso di accertamento, mentre non opera nei casi all’articolo 5 del Dlgs 218/1997, ovvero quando l’adesione, su iniziativa del contribuente o dell’Ufficio, è precedente alla notifica dell’accertamento. In questi ultimi casi, infatti, se l’adesione non si perfeziona, l’Ufficio notificherà l’avviso di accertamento, che sarà impugnabile dal contribuente secondo le ordinarie regole. La mancata prestazione della garanzia fideiussoria da parte del contribuente determina, pertanto, il mancato perfezionamento della procedura di adesione, con la conseguente legittimità della iscrizione a ruolo nella misura originariamente prevista, non potendosi attribuire rilievo, se non ai fini di uno sgravio parziale, ai pagamenti rateali comunque effettuati.