Con la risposta a interpello n. 211 del 2019, l’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni in tema di compenso del consulente tecnico d'ufficio (CTU) e fatturazione elettronica. Il reddito derivante dall’attività di consulente tecnico d’ufficio, resa nell'ambito di un giudizio civile, se è svolta con carattere di abitualità da parte del professionista, dovrà essere assoggettato al regime del reddito di lavoro autonomo. In tali ipotesi, sotto il profilo IVA, è necessario non solo il possesso della partita IVA ma anche l’emissione della fattura elettronica, salve le ipotesi in cui forme alternative di documentazione siano legislativamente previste. Con circolare n. 9/E del 2018, con la quale sono stati forniti chiarimenti in merito alla disciplina della scissione dei pagamenti, è stato precisato che, per quanto riguarda compensi e onorari relativi alle prestazioni rese dal CTU, titolare passivo del rapporto di debito è la parte esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico. Tale soggetto è tenuto, infatti, in base al provvedimento del giudice, al pagamento del compenso per le prestazioni professionali rese a favore dell’Amministrazione della Giustizia, committente ma non esecutrice del pagamento. Conseguentemente, il CTU deve ritenersi obbligato, tra l’altro, ad emettere fattura nei confronti dell’Amministrazione della Giustizia nella quale dovrà essere evidenziato, tuttavia, che la solutio avviene con denaro fornito dalla/e parte/i individuata/e dal provvedimento del Giudice. In tali fattispecie la PA (Amministrazione della Giustizia), pur essendo riconducibile nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del CTU. Infatti, l’applicazione della scissione dei pagamenti comporterebbe l’onere, per la parte obbligata al pagamento del compenso del CTU, di versare a quest’ultimo soltanto l’imponibile, mentre l’IVA relativa alla prestazione del CTU dovrebbe essere riversata all’Amministrazione della Giustizia affinché quest’ultima, a sua volta, versi tale importo all’Erario, nell’ambito della scissione dei pagamenti. Questo doppio versamento costituirebbe un aggravio delle procedure e giustifica la non applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti. Anche la ritenuta d’acconto IRPEF dovrà essere versata all’Erario non dall’Amministrazione della Giustizia, ma dalla parte soccombente, titolare passivo del rapporto di debito nei confronti del consulente ed esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico, sempreché quest’ultima sia ricompresa tra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituto d’imposta. In tale ipotesi la fattura, che andrà emessa nei confronti dell'Amministrazione della Giustizia, dovrà evidenziare la ritenuta d'acconto IRPEF dovuta in caso di corresponsione di compensi costituenti per il percipiente reddito di lavoro autonomo. Laddove la parte soccombente, titolare passivo del rapporto di debito esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico, non rivestisse la qualifica di sostituto d’imposta, la ritenuta d’acconto IRPEF non dovrà essere operata e, pertanto, non dovrà essere evidenziata in fattura dal consulente.