In tema di reati tributari, sono utilizzabili le dichiarazioni accusatorie rese alla Guardia di Finanza, se ancora non emergeva l’illecito penale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31223 depositata il 16 luglio 2019. La Suprema Corte ha ricordato che, nella fase amministrativa delle verifiche fiscali, volte all’acquisizione di dati relativi al presunto inadempimento di un contribuente, in caso di emersione di indizi di reità la prosecuzione della raccolta dei dati deve avvenire nel rispetto delle disposizioni del Codice di procedura penale. Tuttavia, l’obbligo scatta soltanto quando sulla base dei dati raccolti siano già stati individuati tutti i profili costitutivi della fattispecie penale. IL FATTO La Guardia di Finanza effettuava un accesso presso i locali di una società, al fine di effettuare delle verifiche fiscali. Nelle more delle operazioni, l’amministratore di fatto dell’ente rilasciava delle dichiarazioni etero accusatorie, che venivano trasfuse dai verificatori all’interno del PVC, assieme alle risultanze degli accertamenti. In seguito, l’uomo veniva indagato per il reato di omessa dichiarazione di cui all’art. 5, D.Lgs. n. 74/2000. Nel corso delle indagini, inoltre, il Gip disponeva l’applicazione della misura cautelare del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta o per equivalente a concorso delle somme evase. Detto provvedimento veniva immediatamente impugnato innanzi al Tribunale del Riesame, il quale ne rigettava le doglianze. La difesa dell’amministratore proponeva ricorso in Cassazione, eccependo, tra l’altro, che i presupposti della misura sarebbero fondati su dichiarazioni etero accusatorie rese dall’indagato, in violazioni delle disposizioni del Codice di procedura penale e cioè senza le previste garanzie difensive. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. Preliminarmente, i giudici di legittimità hanno chiarito che, a norma dell’art. 220 delle disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale, se nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o da decreti, emergono indizi di reità, gli atti necessari ad assicurare delle fonti di prova e tutti gli elementi necessari all’applicazione della legge penale devono essere compiuti con l’osservanza delle disposizioni del Codice. Entrando più nel dettaglio, sulla base anche della pronuncia delle Sezioni Unite (SS.UU. n. 45477/2001), il momento critico a partire dal quale occorre prestare osservanza alle norme codicistiche da parte di chi compie attività ispettiva decorre dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto emerso, a prescindere che possa essere riferito ad una persona determinata. Nel caso di specie, l’amministratore rendeva dichiarazioni etero indizianti nella fase di investigazione amministrativa, quando ancora non era delineata la rilevanza penale del fatto commesso. L’accertamento del superamento della soglia di rilevanza penale era infatti effettuato in un secondo momento, dall’Amministrazione finanziaria con l’emissione dell’avviso di accertamento. Da qui il rigetto del ricorso.