La Corte di Cassazione con ordinanza n. 19130 depositata il 17 luglio 2019, ha ribadito che in caso di società di persone, per il principio di trasparenza, il reddito accertato in capo all’impresa è automaticamente imputato ai soci pro quota, indipendentemente dall’effettiva percezione delle relative somme. Tale presunzione legale è superabile dal contribuente che fornisce rigorosa prova contraria. IL FATTO A seguito di un accertamento nei confronti di una Sas, l’Ufficio notificava ai due soci della stessa i redditi di partecipazione a loro imputati per trasparenza, ciascuno proporzionalmente alla propria quota. L’atto veniva impugnato dai contribuenti ed il ricorso veniva accolto dalla CTP con decisione confermata in appello. In sintesi i giudici ritenevano che fosse stata superata la presunzione legale della distribuzione degli utili ai soci attraverso le dichiarazione dell’accomandatario, il quale aveva attestato l’assenza di percezione di somme da parte dei due soci. Tale circostanza derivava dal fatto che i redditi imputati alla Sas erano stati utilizzati dalla stessa per far fronte alle ingenti richieste economiche da parte di soggetti poi condannati in sede penale per il reato di estorsione. L’Ufficio impugnava la sentenza della CTR sostenendo che non era stata fornita la prova liberatoria da parte dei contribuenti e pertanto non era stata superata la presunzione di distribuzione degli utili in nero contestati alla società. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto le doglianze dell’Ufficio, cassando con rinvio la pronuncia d’appello. I redditi delle società di persone sono imputati a ciascun socio, proporzionalmente alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dall’effettiva percezione. Si tratta di una presunzione legale che peraltro opera anche in caso di accertamento a carico della società con contestazione di utili neri, atteso che quello da partecipazione costituisce un reddito personale del socio, indipendentemente dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dai metodi usati dall’impresa per la loro realizzazione, potendo essere escluse a suo carico solo le sanzioni qualora sia dimostrata la sua buona fede. Peraltro, precisa la Suprema Corte, detta presunzione non viene esclusa nemmeno dall’eventuale carattere illecito dall’attività posta in essere dall’amministratore della società. Nella specie la CTR aveva ritenuto assolto l’onere probatorio dei soci a fronte delle sole dichiarazioni di uno di essi, dal valore meramente indiziario, senza peraltro in alcun modo precisare quale sarebbe stata l’incidenza del reato di estorsione subito sull’importo del maggior reddito che l’Ufficio aveva accertato in capo alla Sas. Da qui la decisione della cassazione della pronuncia d’appello, con necessità però di rinvio affinchè il nuovo giudice verifichi tali aspetti.