Agenzia delle Entrate - Risposta n. 328 del 2 agosto 2019 L’Agenzia delle Entrate ha emanato la risposta n. 328 del 2 agosto 2019 riguardante le variazioni “in diminuzione” dell’imponibile e dell’imposta. L’esercizio, diversamente dalle variazioni c.d. “in aumento” ha natura facoltativa e comporta che il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione. L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che in tali ipotesi, caratterizzate dalla ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore, il diritto alla variazione presuppone che: - abbia avuto inizio una procedura, ovvero sia stato posto in essere, almeno, il primo atto tipico con il quale la stessa si instaura; - tale procedura si sia conclusa infruttuosamente, vale a dire: per ciò che attiene al fallimento, che sia scaduto il termine per le osservazioni al piano di riparto stabilito con decreto dal giudice delegato, o, in assenza del piano di riparto, sia scaduto quello per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso; per quanto riguarda le procedure esecutive non concorsuali, quando il credito del cedente o prestatore del servizio non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell’esecutato, ossia risulti accertata e documentata dagli organi della procedura l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione. La chiusura della procedura esecutiva individuale consente l’emissione di una nota di variazione per la parte del credito rimasta insoddisfatta. Tale previsione deve coordinarsi con l’eventuale fallimento del creditore esecutato. In proposito, nessun dubbio si pone laddove il fallimento, e la contestuale apertura della procedura collettiva che esso sottende, avvenga in un momento non solo successivo alla chiusura della procedura esecutiva individuale, ma anche all’emissione delle note di variazione in diminuzione con relative annotazioni nei registri IVA che la stessa consente. In questo caso la variazione in diminuzione operata risulta corretta e l’insinuazione nel passivo fallimentare rileva, nei limiti di quanto eventualmente percepito in ragione della stessa, per successive variazioni in aumento. Medesima conclusione non può trarsi qualora l’apertura del fallimento e l’insinuazione al passivo, siano avvenute prima dell’emissione delle note di variazione. In tale eventualità, infatti, l’instaurarsi della procedura concorsuale che coinvolge l’intero patrimonio del cessionario debitore impone, al fine di valutare la sua fruttuosità, di attenderne l’esito. Il legislatore fiscale ha inteso subordinare il diritto alla variazione IVA all’avvenuta insinuazione al passivo fallimentare se e nella misura in cui, all’esito della procedura, il relativo credito sia rimasto in tutto o in parte insoddisfatto, potendo, in ipotesi, la procedura collettiva risultare in tutto od in parte fruttuosa anche per il creditore individuale rimasto prima insoddisfatto.