Gli accantonamenti effettuati a titolo di indennità suppletiva agenti sono deducibili, non potendosi sostenere la tesi opposta in base alla natura aleatoria di detta indennità, la quale dunque non assume la qualifica di componente negativo del reddito di impresa solo al momento della sua concreta corresponsione. Questo il principio stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20946 del 6 agosto 2019. IL FATTO Una società riceveva due avvisi di accertamento, contenenti plurime contestazioni. In particolare venivano ritenute indeducibili le somme accantonate dalla Spa per indennità suppletiva agenti. I relativi ricorsi presentati erano integralmente rigettati dalla CTP e la decisione era confermata anche in grado di appello. In particolare la CTR riteneva che l’accantonamento operato dall’impresa fosse indeducibile in quanto non rientrante nell’ambito di operatività del quarto comma dell’art. 73 del Dpr 917/1986. La decisione era impugnata dalla società, la quale in relazione a detti accantonamenti evidenziava l’erroneità delle conclusioni a cui erano arrivati i giudici di merito atteso che il comportamento della società era stato corretto secondo la disciplina fiscale che regolava la fattispecie, eccependo peraltro che in ogni caso nessun danno all’Erario si sarebbe verificato. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il suindicato motivo di ricorso proposto dalla contribuente. Preliminarmente viene dato atto di un datato orientamento giurisprudenziale in base al quale l’indennità suppletiva di clientela spettante agli agenti non sarebbe stata accantonabile fiscalmente e, quindi, non deducibile dal reddito d’impresa, trattandosi di costo meramente eventuale sia nell’an che nel quantum: in sintesi la qualifica di componente negativo deducibile si manifesterebbe solo nell’esercizio in cui venga concretamente corrisposta. Successivamente l’orientamento è mutato arrivando a conclusioni diametralmente opposto, non potendosi escludere la deducibilità dell’accantonamento in virtù dell’aleatorietà dell’indennità in questione. Peraltro le norme che hanno ad oggetto i fondi di previdenza del personale ed altri accantonamenti per rischi (artt. 70 e segg. Dpr 917/1986), che contemplano spese di carattere aleatorio, sono comunque ritenute deducibili. La soluzione favorevole alla ricorrente risultava inoltre coerente con l’intento del Legislatore di favorire il comportamento previdente del preponente e, contemporaneamente, tutelare l’agente, soggetto contrattualmente più debole, prevedendo peraltro l’uniformità dei diversi criteri contabili relativi agli accantonamenti in generale. La Suprema Corte ha aderito a tali principi, ritenendo quindi illegittimo il recupero operato dall’Ufficio.