Il credito del socio può essere riscosso dallo studio associato

Lo studio associato è legittimato a riscuotere il credito del singolo professionista, non essendo dirimente la circostanza che l’incarico sia stato conferito personalmente al professionista facente parte dell’associazione professionale, dacché la norma attribuisce all’associazione la possibilità di porsi come autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici, stipulando contratti e acquisendo la titolarità di rapporti professionali poi delegati ai singoli partecipanti. A fornire questa precisazione è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20185 del 25 luglio 2019. IL FATTO Il collegio di legittimità ha ribaltato il verdetto del primo e del secondo grado in cui i Giudici di merito avevano negato la legittimazione attiva dello studio associato a incassare il credito per le prestazioni svolte dal singolo professionista a favore del cliente. La vicenda trae origine dalla richiesta avanzata dal legale rappresentante di uno studio associato che aveva agito in giudizio dinnanzi al tribunale di Roma per ottenere la condanna del convenuto al pagamento dei compensi maturati per l’attività svolta da uno dei propri associati. Il Tribunale di primo grado, così come la Corte d’appello, avevano rigettato la domanda assumendo che il carattere personale dell’incarico, contraddistinto dalla natura individuale e fiduciaria che caratterizza le prestazioni professionali protette, ne impediva l’estensione a tutti i professionisti dello studio. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Per la Cassazione, invece, il cliente, pur avendo il diritto di pretendere che la prestazione sia resa dal professionista a cui ha conferito l’incarico «non esclude, però, la facoltà del professionista di avvalersi della propria struttura per lo svolgimento dell’attività e quindi di indicare lo studio quale destinatario del pagamento, in base alla decisione, insindacabile e discrezionale, di attribuire il compenso all’associazione professionale». Per comprendere i termini del problema occorre pertanto chiarire se lo studio associato possa essere considerato un soggetto distinto dai suoi componenti. Se con la sentenza n. 25953/2007 la Cassazione aveva escluso la legittimazione alternativa degli associati e dello studio professionale, statuendo che nell’accordo con cui i professionisti si aggregano per dividere le spese e i proventi della propria attività non è possibile ravvisare l’intento di trasferire all’associazione la titolarità del rapporto di prestazione d’opera e, pertanto, la legittimazione attiva nei confronti dei propri clienti, la sentenza n. 15694/2011 aveva invece riconosciuto a uno studio di ingegneri la legittimazione attiva in ordine alla riscossione dei compensi relativi alle prestazioni svolte dai singoli associati. In tema di attribuzione della legittimazione ad agire e di riconoscimento della rilevanza esterna interviene la sentenza n. 3420/2014 con cui la Corte afferma che sono gli accordi tra gli associati a regolare la disciplina dell’associazione non riconosciuta e nulla vieta di attribuirle la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, in persona dei suoi organi. Dalla titolarità del rapporto sostanziale viene, poi, agevolmente desunta la relativa legittimazione processuale. La conclusione a cui sono pervenuti i giudici nel caso in commento risulta coerente con quanto previsto per le società tra professionisti dal vigente Dm 34/2013 al comma 1 lettere a) e b) dell’articolo 4. Va però precisato che per le associazioni tra avvocati a valere è il comma 1 dell’articolo 4 della legge 247/2012 il quale dispone che «l’incarico professionale è tuttavia sempre conferito all’avvocato in via personale».

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Il credito del socio può essere riscosso dallo studio associato

La legittimazione dello studio associato a riscuotere il credito del singolo professionista non può essere esclusa a priori, essendo invece necessario far riferimento alla specifica organizzazione interna

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