Sarà anche vero che il postino suona sempre due volte, come già i nostri nonni appassionati di cinema sapevano bene, ma se s’intrattiene a pranzo più del dovuto rischia di perdere il posto di lavoro. Lo stabilisce la Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso di un portalettere ciociaro licenziato per giusta causa da Poste Italiane per essersi «intrattenuto in due occasioni assieme ad altri ben oltre l’orario di pranzo previsto, lasciando al contempo incustodita la posta assegnatagli e il mezzo in dotazione. Il tutto senza aver completato il suo lavoro per non aver consegnato due plichi». La sentenza n. 21628 depositata il 22 agosto 2019, censura lo stereotipo della «easy way of life» dei postini di provincia. Il portalettere in questione, nell’ottobre 2014, si è visto intimare da Poste Italiane Spa un licenziamento per giusta causa per quel pranzo al ristorante in compagnia di conoscenti durato più del dovuto e reiterato il giorno successivo. Una circostanza che, secondo il diretto interessato, era da punire con una sanzione, non certo con il licenziamento. Da qui la scelta di adire le vie legali, ma sia il Tribunale di Cassino (sentenza del 5 aprile 2017) che la Corte d’Appello di Roma (2 novembre 2017) gli sentenziano contro. Verdetti confermati dalla Cassazione, secondo la quale «la Corte d’Appello, metodologicamente in modo corretto e conforme agli orientamenti più recenti di questa Corte, ha esplorato la gradazione delle infrazioni disciplinari», confrontandole con le «clausole generali di fronte legale rappresentate dalla giusta causa e dal giustificato motivo soggettivo». Tirando le somme: la condotta di chi «apertamente e dichiaratamente non si reca a lavoro» è omologabile «a quella di chi, pur risultando in servizio, si sottrae all’adempimento della prestazione».