L'obbligo di adottare la procedura di comunicazione telematica delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è stato introdotto per combattere il fenomeno delle dimissioni in bianco che consiste nella pratica illegale di far firmare al lavoratore una lettera di dimissioni priva di data al momento della nascita del rapporto di lavoro. Tutti i lavoratori del settore privato che vogliono concludere un rapporto di lavoro devono compilare e trasmettere per via telematica al Ministero del Lavoro un modulo di dimissioni o risoluzione consensuale, pena l’inefficacia della cessazione del rapporto. Vanno comunicate per via telematica anche le dimissioni per giusta causa. Dall’obbligo invece sono esclusi i seguenti casi: - dimissioni nel lavoro domestico; - dimissioni in periodo prova; - rapporti di lavoro marittimo; - lavoratori assunti presso una società privata a partecipazione pubblica totalitaria. Inoltre, restano escluse: - dimissioni e risoluzioni consensuali sottoscritte presso le commissioni di certificazione; - dimissioni volontarie della lavoratrice madre o lavoratore padre nei primi 3 anni di vita del bambino (comprese le risoluzioni consensuali). Procedura obbligatoria Il lavoratore che intende rassegnare le proprie dimissioni volontarie può scegliere se: - avvalersi dell’assistenza di un soggetto abilitato (patronato; organizzazione sindacale; ente bilaterale; commissione di certificazione; professionista iscritto all’albo dei Consulenti del lavoro; sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del lavoro); - procedere direttamente online, dotandosi di PIN INPS, al fine di garantire il riconoscimento del soggetto, trasmettendo il form on-line al Ministero del Lavoro e via PEC al datore di lavoro. In questo caso la ricevuta di conferma viene inviata via PEC. In entrambi i casi è necessario: - compilare il modulo, accedendo al portale Cliclavoro, alla specifica pagina dedicata al cittadino o ai soggetti abilitati; - trasmettere il modello al datore di lavoro a mezzo PEC e alla DTL competente territorialmente. Revoca delle dimissioni: cosa deve fare il lavoratore Le dimissioni sono un atto con cui il dipendente manifesta la propria volontà di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro. Lo stesso lavoratore, già dimissionario, può revocare le dimissioni entro 7 giorni dalla data di trasmissione con le stesse modalità previste per l’invio. La revoca comporta il venir meno degli effetti delle dimissioni, consistenti nella risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro. Il contratto è ripristinato e il dipendente torna in forza al datore senza che ci sia bisogno di una nuova comunicazione di assunzione, come se il rapporto non si fosse mai interrotto. Anche la revoca delle dimissioni deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica, entro e non oltre 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo. L’area riservata dedicata alla procedura sul portale telematico www.cliclavoro.gov.it consente di visualizzare solo le comunicazioni trasmesse nei 7 giorni precedenti e di eseguire una delle seguenti due opzioni: - “Nuovo” che guida il visitatore all’inserimento di una nuova comunicazione; - “Revoca” per ritirare le comunicazioni già inviate. Selezionando quest’ultima, una volta completata la procedura il sistema segnala all’Ispettorato Territoriale del Lavoro e al datore via PEC che la comunicazione di dimissioni precedentemente inviata è stata revocata. Una volta decorsi 7 giorni, le comunicazioni vengono rimosse dal sistema e non è più possibile effettuare la revoca: in questo caso, dunque, affinchè sia possibile proseguire l’attività lavorativa, sarà necessario effettuare una nuova assunzione. Revoca delle dimissioni: cosa deve fare il datore di lavoro Il datore di lavoro, una volta ricevute tramite email le dimissioni telematiche rassegnate dal lavoratore, deve comunicarle al Centro per l’Impiego entro 5 giorni decorrenti dall’ultimo lavorato, utilizzando il modello Unilav. In caso di revoca delle dimissioni: - se l’azienda ha già provveduto alla comunicazione Unilav delle dimissioni, deve inoltrarne un’altra che annulli quella precedentemente inviata; - qualora non abbia ancora provveduto alla comunicazione di dimissioni, non è necessario inviare alcun modello Unilav. Con la revoca, le dimissioni non hanno più l’effetto di interrompere il rapporto a decorrere dall’ultimo giorno lavorato e continuano dunque a valere gli obblighi reciproci delle parti. N.B. Le dimissioni telematiche trasmesse da oltre 7 giorni non possono essere revocate e acquistano piena ed inequivocabile efficacia: esse determinano dunque la cessazione del rapporto con effetto dal giorno indicato nel modulo. Tuttavia, se le parti si accordano per revocare le dimissioni oltre i 7 giorni dalla trasmissione del modello telematico, la prosecuzione del rapporto di lavoro può avvenire a patto che non sia stata inviata la comunicazione Unilav da parte del datore di lavoro. La data di effettiva decorrenza della cessazione del rapporto di lavoro, infatti, è quella che risulta dalla comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro, direttamente o tramite i soggetti abilitati. Tali informazioni sono messe a disposizione delle Direzioni Territoriali del lavoro che riceveranno notifica delle comunicazioni di dimissioni/risoluzione consensuale non seguite da comunicazione obbligatoria. Pertanto, in assenza della sopracitata comunicazione, il rapporto di lavoro risulterà ancora in essere senza soluzione di continuità. Annullamento giudiziale E’ facoltà del lavoratore chiedere in giudizio l’annullamento delle dimissioni perché viziate da: - minaccia, come le dimissioni sollecitate dal datore pena un ingiusto licenziamento; - errore, ad esempio nel caso in cui il lavoratore ritenga erroneamente di avere in corso un rapporto a termine quando in realtà è a tempo indeterminato a causa della nullità del termine apposto; - incapacità di intendere e di volere, da intendersi come l’impossibilità temporanea di comprendere il contenuto e gli effetti dell’atto giuridico (le dimissioni) che si sta compiendo. A seguito della pronuncia di annullamento il rapporto di lavoro è ripristinato e il dipendente ha diritto al risarcimento del danno. Altri casi particolari Nel caso in cui, dopo l’invio della comunicazione, il lavoratore si ammala durante il periodo di preavviso è automaticamente rinviata la data di cessazione del rapporto di lavoro. Qualora siano già trascorsi i 7 giorni utili per revocare le dimissioni e variare la data di cessazione, il lavoratore non deve revocare le dimissioni già comunicate perché la malattia non incide sulla sua manifestazione di volontà. Sarà cura del datore di lavoro indicare l’effettiva data di cessazione nel momento di invio della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro. L’eventuale discordanza tra la data di cessazione comunicata dal lavoratore e quella indicata dal datore di lavoro è del resto comprovata dallo stato di malattia del primo. Nell’ipotesi in cui il lavoratore e il datore di lavoro si accordino per modificare il periodo di preavviso, spostando quindi la data di decorrenza indicata nel modello telematico, va tenuto presente che la procedura online non incide sulle disposizioni relative al preavviso lasciando quindi alle parti la libertà di raggiungere degli accordi modificativi che spostino la data di decorrenza delle dimissioni o della risoluzione consensuale. Sarà cura del datore di lavoro indicare l’effettiva data di cessazione nel momento di invio della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro, senza che il lavoratore revochi le dimissioni trasmesse telematicamente. Nel caso in cui la data di decorrenza sia stata inserita dal lavoratore calcolando erroneamente il preavviso e sono trascorsi i 7 giorni utili per revocare le dimissioni, tale errore non inficia la manifestazione della volontà del lavoratore. Ne deriva che la Comunicazione obbligatoria di cessazione Unilav, da effettuare secondo le vigenti disposizioni normative, fornisce l’informazione esatta sull’effettiva estinzione del rapporto di lavoro. La questione delle mancate dimissioni Il legislatore non è in alcun modo intervenuto a modificare la disciplina che riguarda il caso del lavoratore che interrompe la propria prestazione di lavoro senza rassegnare le proprie dimissioni secondo la procedura obbligatoria. L’azienda, in questo caso, può procedere in uno dei seguenti modi: 1) avviare un procedimento disciplinare nei confronti del lavoratore, per poter intimare il licenziamento per “giusta causa “. Il datore di lavoro però è comunque obbligato a versare all’INPS il contributo di licenziamento; 2) contestare l'abbandono del posto di lavoro, senza effettuare il licenziamento e continuando ad elaborare il libro unico del lavoro esponendo le assenze ingiustificate del lavoratore. In questo caso non sarà dovuto alcun contributo previdenziale o assicurativo, neppure sul minimale contributivo; 3) nel caso in cui si venga a conoscenza del fatto che il lavoratore stia già lavorando presso altra azienda ovvero svolga una attività lavorativa autonoma, segnalare tale circostanza all'Ispettorato Territoriale del Lavoro, affinchè il lavoratore sia invitato rilasciare le proprie dimissioni telematiche.