L'omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore cui egli non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio, per cause indipendenti dalla propria volontà. E’ quanto ha statuito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 38482 del 17 settembre 2019. IL FATTO Nel caso considerato, il ricorrente, non solo aveva deciso di non accantonare gli importi da versare per il pagamento dell’imposta, ma aveva effettuato la cessione sottocosto di un cespite immobiliare, circostanza questa, che aveva portato la banca a dubitare della solidità economica della sua attività imprenditoriale. Al legale rappresentante della società veniva pertanto contestato il reato di omesso versamento IVA. Il Tribunale riteneva sussistenti i presupposti per la condanna escludendo anche le attenuanti generiche. La Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado, e ritenendo condivisibile la scelta della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, precisava anche che la crisi di liquidità non fosse una circostanza rilevante, atteso che l’imputato aveva già incassato la somma che avrebbe dovuto versare a titolo di imposta e che per libera scelta non aveva accantonato. L’imputato presentava quindi ricorso per Cassazione, eccependo l’assenza dei presupposti per la configurazione del reato tributario. In particolare, si sosteneva che la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere sussistente il dolo richiesto dalla relativa fattispecie, nonostante fosse stata accertata: a) l’improvvisa chiusura delle linee di credito fino a quel momento assicurate dalla banca al ricorrente; b) lo stato di illiquidità precedente al termine per il pagamento delle imposte; c) l’impossibilità del ricorrente, di fronteggiare tale crisi, pur attingendo a proprie risorse personali. Inoltre, il ricorrente lamentava il fatto che i giudici di appello con motivazione priva di effettivo contenuto, avesse ritenuto condivisibile la scelta del Tribunale di negare all’imputato le circostanze attenuanti generiche. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso proposto con riferimento alle circostanze attenuanti generiche, annullando la sentenza con rinvio ad altra sezione. In relazione al merito della vicenda, la Suprema Corte, per dimostrare l’inammissibilità delle doglianze avanzate dall’imputato con riferimento alla configurabilità del reato, ricorda che l’inadempimento dell’obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore, solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore cui egli non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio, per cause indipendenti dalla propria volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. Nella specie, il ricorrente, non solo aveva deciso di non accantonare gli importi da versare per il pagamento dell’imposta, ma aveva effettuato la cessione sottocosto di un cespite immobiliare, circostanza questa, che aveva portato gli istituti bancari a dubitare della solidità economica della sua attività imprenditoriale. Quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, i giudici di legittimità, accogliendo il ricorso dell’imputato sul punto, hanno ravvisato un vizio di motivazione carente da parte della Corte d’appello, che si è limitata ad affermare la condivisibilità della scelta del Tribunale, senza entrare però entrare nel merito degli argomenti dedotti dall’imputato in sede di gravame.