Ctr Lombardia - Sentenza n. 3335/16/2019 Le Commissioni tributarie di merito si sono dimostrate recentemente più attente all’applicazione dello Statuto dei diritti del contribuente, favorendo, tra l’altro, interpretazioni volte a superare una lettura eccessivamente formalistica delle disposizioni. Visto apposto da un professionista non abilitato La fattispecie ha interessato una società cooperativa che ha utilizzato in compensazione il credito risultante dalla dichiarazione annuale munita di visto. Nello specifico, però, il visto era stato apposto da un professionista non abilitato. Per tale ragione l’Agenzia delle Entrate ha considerato indebita la compensazione e, quindi, il versamento omesso. È stata conseguentemente irrogata la sanzione pari al 30% dell’importo non versato. I giudici di prime cure hanno accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate. Invece, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza n. 3335/16 depositata il 6 agosto 2019, ha ribaltato il giudizio esprimendosi in favore del contribuente. L’interpretazione della CTR Il principale argomento dei giudici favorevole alla tesi difensiva del contribuente è fondato sui principi contenuti nello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000). Preliminarmente il collegio giudicante ha osservato come il credito utilizzato in compensazione fosse effettivamente esistente. Il problema era dunque rappresentato dall’apposizione del visto da un professionista non abilitato. Tuttavia, se il credito è effettivo, risulta evidente come in concreto la compensazione non abbia di fatto determinato alcun danno effettivo a carico dell’erario. Inoltre, se da una parte il professionista non era abilitato per l’anno in contestazione all’apposizione del visto di conformità, tale soggetto non esercitava abusivamente l’attività professionale. A tal proposito lo stesso collegio giudicante ha rilevato come il medesimo professionista ha ottenuto l’abilitazione all’apposizione del visto con decorrenza dall’anno successivo a quello oggetto di contestazione. I giudici lombardi, in virtù dei principi sanciti dallo Statuto del contribuente, hanno considerato l’irregolarità commessa trascurabile. Non può quindi, essere irrogata la sanzione del 30 per cento in quanto sproporzionata rispetto all’irregolarità commessa senza che, per l’appunto, si sia verificato alcun danno sostanziale per l’erario. La pronuncia in commento non è isolata ed è conforme ad un’altra sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano. In particolare, la decisione n. 1630/2018 ha affermato che nell’ipotesi di dichiarazione dei redditi con un’irregolarità nell’apposizione del visto di conformità da parte dell’intermediario abilitato, l’atto di contestazione emesso dall’ufficio deve essere annullato laddove il contribuente sia in grado di dimostrare di non trovarsi in uno dei casi di colpa in vigilando, trattandosi di un’infrazione formale che non arreca alcun danno a carico dell’erario. Anche in tale ipotesi i giudici milanesi si sono dimostrati estremamente sensibili nel ricondurre la legittimità dell’irrogazione della sanzione alla sussistenza dell’effettivo danno per l’erario. Se il credito è effettivo, quindi vero, un’interpretazione eccessivamente formalistica penalizzerebbe oltre misura il contribuente.