La Corte di Cassazione ha precisato che la sussistenza di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente dei beni della società, disposto per reati diversi e nell’ambito di un altro procedimento, non impedisce sui medesimi beni aziendali il sequestro impeditivo dei beni aziendali costituenti l’unità operativa della società. La prima misura cautelare già disposta ha infatti oggetto e finalità del tutto diverse da quella successiva. E’ quanto deciso con la sentenza n. 40072 del 1° ottobre 2019. IL FATTO A seguito della segnalazione del reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000 nei confronti di un contribuente, ritenuto amministratore di fatto della società che emetteva tali fatture false in suo favore, la competente Procura della Repubblica chiedeva - ma non otteneva - dal GIP, l’applicazione del sequestro preventivo dei beni aziendali. Il pubblico ministero proponeva appello innanzi al Tribunale del riesame, che veniva rigettato poiché nei confronti del reo, in precedenza, era già stato disposto ed eseguito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente del profitto dei reati di cui agli artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000, delle quote sociali. Avverso detta decisione, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso per Cassazione, evidenziando innanzitutto la differenza tra la fattispecie del sequestro preventivo già eseguito, finalizzato alla confisca del profitto, diretta o per equivalente e quello impeditivo richiesto e negato. In particolare, ciò che andava sottratto all’indagato, non era il valore economico del bene, ma proprio la struttura e l’organizzazione aziendale che consentiva ancora l’emissione di fatture per operazioni inesistenti mediante l’utilizzo della partita IVA della società. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. I giudici di legittimità, richiamando un consolidato orientamento formatosi in materia hanno ricordato che in tema di compatibilità tra diverse forme di sequestro, sia ammissibile il sequestro probatorio di un bene già sottoposto a sequestro preventivo qualora ricorrano contemporaneamente i presupposti normativi di entrambi gli istituti, in quanto il vincolo di indisponibilità derivante dall’adozione del primo provvedimento non osta all’emissione del secondo: venendo meno uno, rimane l’effetto dell’altro. Ciò, chiarisce la Suprema Corte, in quanto mentre il decreto di sequestro preventivo assolve la funzione di impedire l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze dannose del reato o anche la commissione di altri reati, il sequestro probatorio è diretto ad assicurare le cose necessarie all’accertamento dei fatti. Nella specie, il P.M. aveva chiesto il sequestro preventivo impeditivo dell’unità produttiva della società, perché utilizzata come strumento per l’emissione delle fatture per operazioni inesistenti ritenendo sussistente il fumus di un reato diverso da quello per il quale era già stato disposto il sequestro preventivo, che in ogni caso, non aveva impedito la prosecuzione dei reati.