Corte Ue, con Iva le cessioni di beni esportati a chi non compare in fattura

Corte di Giustizia Ue - Causa C‑653/18 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e dell’articolo 131 della direttiva 2006/112/CE, nell’ambito di una controversia relativa al diniego di esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per esportazioni di beni al di fuori dell’Unione europea effettuate nel 2007. IL FATTO La causa oggetto del contendere riguarda la cessione, da parte di una società con sede in Polonia, di telefoni cellulari a soggetti di nazionalità ucraina. Successivamente, a seguito di accertamento su tale fornitura, l’Amministrazione finanziaria constatava che nell’ambito della procedura di esportazione oltre i confini dell’Unione, era avvenuta fatturando la vendita a soggetti diversi rispetto a quelli risultanti dalla procedura stessa. A seguito di tale verifica, pertanto, l’ufficio del Fisco disconosceva il diritto alla esenzione Iva sull’operazione di cessione dei telefoni cellulari. Allo stesso modo, una volta effettuati ulteriori accertamenti, il giudice amministrativo di Varsavia, adito dalla stessa Amministrazione finanziaria, ha ritenuto che non si fosse configurata alcuna cessione di beni in quanto gli acquirenti dei telefoni cellulari non erano mai entrati in possesso degli stessi e non ne avevano disposto come proprietari nell’ambito dell’esercizio di una attività economica. La società esportatrice, però, ha impugnato la sentenza del giudice amministrativo innanzi alla Corte suprema amministrativa che, ai fini della soluzione della controversia esposta nella fattispecie principale, stabilisce la necessità di effettuare una interpretazione della normativa Iva anche alla luce dell’articolo 7, paragrafo 1, della legge Iva, in quanto le due parti dell’operazione devono effettivamente esistere ed essere identificate. Un altro aspetto rilevato dal giudice nazionale sarebbe l’incidenza della frode fiscale riscontrata in un paese terzo sull’applicazione dell’esenzione con diritto a detrazione. Ecco che allora, il giudice del rinvio, alla luce dei suddetti dubbi interpretativi ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre la questione alla Corte europea. I togati europei sono chiamati a pronunciarsi se alla luce della normativa, di cui agli articoli 146 e 131 della direttiva Iva, debba essere negato il diritto alla esenzione dell’imposta in tutti i casi di cessione di beni all’esportazione fuori del territorio comunitario e di riscontro, da parte delle autorità tributarie, che il beneficiario del suddetto diritto è soggetto diverso da quello indicato nella fattura di acquisto. Infine, se con riferimento all’operazione di esportazione di beni in oggetto la stessa costituisca un’operazione imponibile per la quale non può essere fatto valere il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto. LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE I giudici europei, in primo luogo, sottolineano come alla luce della normativa europea sull’Iva le cessioni di beni spedite o trasportate dal venditore o dall’acquirente al di fuori del territorio comunitario sono esentate dall’imposta a patto che avvenga il trasferimento del potere di disporre del bene stesso. Inoltre, da costante giurisprudenza della Corte si evince come per “cessione di beni” devono intendersi tutte quelle operazioni effettuate indipendente dalle finalità o dai risultati perseguiti dalle cessioni in parola. Ecco che allora, i beni esportati fuori dall’Unione, acquistati da soggetti diversi da quelli indicati in fattura, non rispetterebbero i criteri oggettivi necessari per usufruire del diritto di esenzione. Per altro verso, alla stregua del principio di neutralità fiscale, dalla giurisprudenza della Corte si evince come sia lecito esigere che un operatore agisca in buona fede e che pertanto il diritto a esenzione non venga riconosciuto a quei soggetti che abbiano scientemente partecipato a una frode fiscale. In tale circostanza, il giudice nazionale, anche se la frode è avvenuta nel territorio di altro Stato non comunitario, è tenuto a verificare che i beni oggetto di una cessione e per i quali si vuole esercitare il diritto di esenzione non siano oggetto di frode fiscale. I giudici della decima sezione della Corte di giustizia europea si sono pronunciati affermando che alla luce dei richiamati articoli 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e dell’articolo 131 della direttiva 2006/112/CE, nella fattispecie di cui alla causa principale, deve essere negato il diritto alla esenzione qualora l’assenza di identificazione del soggetto passivo impedisca di stabilire la natura dell’operazione quale cessione di beni oppure in caso di dimostrazione che l’operazione rientri in una frode fiscale. Inoltre, l’operazione in questione non costituendo un’operazione imponibile non può dare adito a un diritto al beneficio di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte.

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Corte Ue, con Iva le cessioni di beni esportati a chi non compare in fattura

Il giudice nazionale, anche se la frode è avvenuta in uno Stato extra-Ue, è tenuto a verificare che le merci vendute e per le quali si vuole esercitare l’agevolazione non siano oggetto di illecito

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