In tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, l'istituto della prelazione e quello del riscatto, contemplati dall'art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, non si applicano al caso in cui una società di persona abbia ceduto in via agevolata, ai sensi dell’art. 1, commi 115-120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ai propri soci l’immobile concesso in locazione, avendo il legislatore plasmato l’atto di trasferimento oneroso per renderlo idoneo ad una vera e propria causa tributaria (parziale sgravio fiscale) che viene affiancata, quale specialità del negozio, alla ordinaria causa di compravendita. Così si è espressa la Corte di Cassazione civile, Sez. III, con sentenza n. 24223 del 30 settembre 2019. La Cassazione ha esaminato un caso di cessione agevolata ai soci di un immobile urbano su cui il conduttore ha eccepito il diritto di prelazione previsto dall’articolo 38 della legge 392/78. Si tratta della cosiddetta «prelazione commerciale», per distinguerla da quella disciplinata dall’articolo 3 della legge 431/98, definita «prelazione abitativa». Il diritto del conduttore (con conseguente facoltà di riscatto dell’immobile) era stato riconosciuto dal Tribunale ma la Corte di Appello aveva accolto le obiezioni dei soci acquirenti, accogliendo il loro appello. Si ricorda che, con riferimento al conferimento in società, la Suprema corte aveva escluso l’operare della prelazione urbana, in quanto è impossibile che il titolare del diritto di prelazione possa offrire al locatore-venditore la medesima controprestazione alle medesime condizioni, in quanto il conferimento in società è correlato alla qualità di socio (Cassazione 12230/2012, 19160/2005 e 9592/2000). Tuttavia, in questo caso la Cassazione fa un passo ulteriore, sostenendo che, per quanto la cessione agevolata non possa essere espunta dal novero dei trasferimenti a titolo oneroso, il fatto che il legislatore fiscale abbia costruito un’agevolazione negoziale prevedendo specifici requisiti non solo oggettivi ma anche soggettivi (rapporto tra società e socio) rende tale specifica compravendita incompatibile con il diritto di prelazione del conduttore. Altrimenti si finirebbe per svuotare la ratio della disposizione fiscale, che non sarebbe più idonea al raggiungimento dell’interesse perseguito dal legislatore. Se ciò vale per la cessione agevolata, dovrebbe valere, a maggior ragione, per l’assegnazione agevolata, che non è neppure una compravendita. Ed analoghi principi dovrebbero valere anche per la prelazione agraria, con riferimento a cessioni o assegnazioni ai soci aventi ad oggetto terreni agricoli. Quest’ultima trova la sua fonte nell’articolo 8 della legge n. 590/1965 ed opera in favore di affittuari del fondo in veste di coltivatori diretti e, a certe condizioni, di società agricole (articolo 2, comma 3, Dlgs 99/2004). Inoltre, l’articolo 7 della legge 817/1971 ha esteso la prelazione agraria a favore del proprietario di un terreno confinante, purché egli stesso sia coltivatore diretto del fondo contiguo. Trovando ragione in un’operazione societaria di distribuzione del patrimonio netto in natura e non in uno scambio a prestazioni corrispettive, l’assegnazione ai soci non dovrebbe subire la prelazione, come già deciso da una risalente sentenza della Cassazione (1° dicembre 1987, n. 8936). Ora, a seguito della sentenza 24223/2019, a questa motivazione si affianca quella – valida anche in caso di cessione agevolata - dell’effettivo dispiegarsi del vantaggio fiscale voluto e riconosciuto dal legislatore, il quale può operare solo se le parti negoziali sono rappresentate dalla società – proprietaria del bene – e dal socio in veste di assegnatario o cessionario. Si ricorda che la stessa Cassazione (7039/1992) ha deciso che il conferimento di fondo rustico in società non è soggetto al diritto di prelazione dell’affittuario, in quanto, configurando un trasferimento privo di controprestazione in denaro e correlato all’acquisto della qualità di socio, non è assimilabile ai contratti di scambio di cui all’articolo 8 della legge 590/1965. Nello stesso senso si è espresso il Consiglio nazionale del notariato (Studio 66-2006/C), sia nell’ipotesi in cui il conferimento venga assimilato alla permuta (Cassazione 8458/1991), che come un atto connaturato alla qualità di socio del conferente (Cassazione 8492/1990 e 8458/1991).