Divieto di compensazione a seguito dell’accollo del debito d’imposta altrui. È quanto prevede l’art. 1 del decreto fiscale 2020 collegato alla legge di Bilancio. L’intervento è finalizzato a completare la disciplina dell’accollo del debito di cui all’art. 8, legge n. 212/2000 in cui (comma 1) viene ammessa l’estinzione delle obbligazioni tributarie tramite compensazione e (comma 2) si riconosce la possibilità di accollo del debito d’imposta altrui qualora non vi sia la liberazione del contribuente originario. Accollo e possibilità di compensazione L’Agenzia delle Entrate (con risoluzione n. 140/E/2017) ha confermato la possibilità di accollo del debito - sussumendo tale istituto in quello disciplinato dall’art. 1273, commi 1 e 3, c.c.. L’unico tipo di accollo riconosciuto in materia tributaria è infatti quello esterno non liberatorio, ossia quello che esclude la liberazione del contribuente originario, comportando, con l’adesione del Fisco, l’irrevocabilità della stipulazione in suo favore. Autorevole dottrina ha infatti ritenuto tale posizione dell’Agenzia coerente al principio ispiratore dell’Amministrazione finanziaria ossia quello di tutelare la pretesa erariale: unico scopo dell’accollo sarebbe quello di rafforzare la tutela del Fisco mediante l’intervento del terzo, volto a garantire maggiormente l’adempimento dell’obbligazione tributaria. Relativamente alla possibilità di procedere alla compensazione tributaria a seguito dell’accollo del debito la Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 28162 del 2008, ha chiarito che assumere volontariamente l’impegno di pagare le imposte dovute dall’iniziale debitore non significa assumere la posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario, ma la qualità di coobbligato in forza del titolo negoziale. Alle stesse conclusioni è giunta anche l’Agenzia con la risoluzione n. 140/E, in cui ha delimitato il perimetro di applicazione della compensazione ai debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi. Quanto appena affermato trova infatti riscontro nell’impossibilità per l’Amministrazione finanziaria di esercitare nei confronti degli accollanti i propri poteri di accertamento e di esazione, che possono essere esercitati solo nei confronti di chi sia tenuto per legge a soddisfare il credito. Di diverso avviso la prevalente dottrina e parte della giurisprudenza di merito che attribuiscono al comma 1 dell’art. 8, legge n. 212/2000 valore precettivo, e non programmatico, in considerazione della natura statutaria della norma individuando, attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata, un valido compromesso tra gli interessi del contribuente e quelli del Fisco nella fase di adempimento dell’obbligazione. Causa dell’incertezza legata alla concreta modalità dell’accollo e quindi alla successiva possibilità di compensazione poteva infatti essere individuata nel comma 6 dell’art. 8, legge n. 212/2000 il quale demanda l’individuazione di tali modalità all’apposito decreto del Ministero delle finanze. Il decreto fiscale spazza via le incertezze Quanto emerge dalla lettura del decreto fiscale porta a considerare ridotto tale perimetro di incertezza: viene infatti espressamente vietato il pagamento tramite compensazione a seguito dell’accollo del debito altrui. Sanzioni Nel decreto fiscale si legge ancora che qualora vengano effettuati pagamenti in contrasto il divieto, questi saranno considerati come non avvenuti oltre che prodromici di sanzioni per cui sarà opportuno distinguere la posizione dell’accollato da quella dell’accollante: a) per l’accollato, soggetto passivo del rapporto tributario e debitore originario, l’omesso pagamento comporterà il recupero dell’imposta non versata e degli interessi, nonché l’applicazione dell’art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997, che punisce con una sanzione amministrativa pari al 30% di ogni importo non versato; b) in capo all’accollante comporterà l’irrogazione della sanzione di cui: - all’art. 13, comma 4, D.Lgs. n. 471/1997, pari al 30% del credito utilizzato, qualora questo sia effettivamente esistente. In tale ipotesi, recuperata l’imposta in capo all’accollato, il credito dell’accollante tornerà utilizzabile secondo le regole ordinarie; - all’art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 4717/1997, ossia dal 100 al 200% della misura dei crediti utilizzati, laddove inesistenti. Si segnala, infine, che l’Agenzia delle Entrate dovrà notificare gli atti di recupero del credito indebitamente utilizzato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentata la delega di pagamento.