Accertamento dei costi pluriennali con termini lunghi

La Corte di Cassazione insiste sul termine di accertamento “lungo” per i componenti di reddito pluriennali. In caso di contestazione avente ad oggetto il fatto generatore e il presupposto costitutivo di un componente di reddito ad efficacia pluriennale (e non il computo del singolo rateo), al fine di valutare la decadenza del potere di accertamento dell'Agenzia delle Entrate (art. 43, dpr. n. 600/1973), occorre far riferimento al periodo d'imposta in cui è stato imputato al conto economico il singolo rateo del componente pluriennale e non già al periodo di imposta in cui è stato iscritto in bilancio, per la prima volta, l'onere pluriennale stesso. Con l'ordinanza n. 25517 del 31 agosto 2023, i giudici di Cassazione confermano questo principio, ponendosi in continuità con il filone giurisprudenziale maturato, in particolare, con la sentenza (sezioni unite) n. 8550/2021 e, in ultimo, consolidatosi con la sentenza (sezione tributaria) n. 7438/2023. L'Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto la deduzione di una parte di un rateo di ammortamento (imputato nel conto economico di un periodo d'imposta ancora suscettibile di accertamento tributario) relativo ad un avviamento il cui valore risultava oggetto di rideterminazione da parte dell'ufficio, seppure esso risultasse rilevato/iscritto in bilancio, per la prima volta, in un periodo d'imposta i cui termini di accertamento erano già spirati alla data della verifica fiscale. Nel ribadire che l'Amministrazione finanziaria può contestare sia i presupposti che i valori di iscrizione di un componente reddituale avente effetti fiscali di durata ultrannuale, fino allo spirare dei termini di accertamento relativi alla dichiarazione in cui la singola porzione o rateo di tale componente reddituale ha assunto rilevanza, i giudici sottolineano che “la specularità di potere di rettifica e di potestà impositiva” rappresenta il “giusto bilanciamento del principio di capacità contributiva e di certezza dell'azione amministrativa”. Queste ultime considerazioni espresse dai giudici risultano di interesse per il governo che è chiamato, nell'ambito della legge delega di riforma fiscale, ad affrontare la questione di principio espressa dalla Cassazione, anche nell'ordinanza in commento. L'art. 17, comma 1, lett. h), n. 1) della L. n. 111/2023 prevede, per i componenti a efficacia pluriennale, l'introduzione della decorrenza del termine di decadenza per l'accertamento a partire dal periodo d'imposta nel quale si è verificato il fatto generatore. In sostanzia, al fine di dare una soluzione alla tematica sollevata dai giudici, la scelta politica è quella di introdurre una regola di segno opposto a quella espressa, da ultimo, nell'ordinanza n. 25517/2023. La norma si pone sotto il cappello delle modifiche atte ad “assicurare la certezza del diritto tributario” e, in particolare, risulta espressamente finalizzata ad evitare un eccessivo aggravio degli oneri amministrativi per il contribuente in termini di eccessiva dilatazione dei tempi di controllo e dell'obbligo di conservazione delle scritture contabili e dei supporti documentali.

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Accertamento dei costi pluriennali con termini lunghi

Nel caso di una componente di reddito ad efficacia pluriennale, per la decadenza dell'accertamento si applica il termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato

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