Accertamento: il giudice non può dare valore di prova al contenuto del verbale del contraddittorio

Le proposte formulate dal contribuente e dall’Ufficio in sede di contraddittorio nel procedimento di adesione non hanno alcun valore probatorio né vincolante senza la sottoscrizione dell’accordo finale. Pertanto i giudici non possono basare le proprie decisioni su tali elementi. Inoltre il riconoscimento forfettario dei costi è dovuto dall’Ufficio solo in caso di accertamento induttivo puro: negli altri casi, invece, occorre che venga dimostrata dal contribuente la loro effettiva esistenza ed inerenza. Questi i principi contenuti nell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 899, depositata il 16 gennaio 2019. IL FATTO L’Ufficio notificava un avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette ed IVA con il quale rettificava il reddito di una persona fisica, utilizzando il metodo analitico induttivo. Veniva quindi instaurato il procedimento di adesione dove in sintesi il contribuente chiedeva il riconoscimento forfettario dei costi nella misura dell’80% o comunque non inferiore al 60%, mentre l’Ufficio arrivava a proporre al massimo la percentuale del 35%. Pertanto non si arrivava alla sottoscrizione di alcun accordo e veniva proposto ricorso. Quest’ultimo era parzialmente accolto dalla CTP, la quale riteneva corretta la ricostruzione dei ricavi fornita dall’Agenzia, riconoscendo i costi presumibilmente sostenuti dal contribuente nella misura del 35%, facendo riferimento a quanto proposto dall’Ufficio in sede di adesione. Tale decisione e motivazione era integralmente confermata dalla CTR, la quale rigettava quindi sia l’appello del contribuente che quello dell’Ufficio sul punto. Entrambe le parti impugnavano tale decisione, sostanzialmente evidenziando che la percentuale dei costi riconosciuta dai giudici non era corretta perché l’adesione non era stata definita positivamente e pertanto non era possibile dare rilevanza a quel dato. Pertanto il contribuente chiedeva un innalzamento di detta percentuale, mentre l’Agenzia precisava che qualsiasi costo doveva essere provato per poter essere riconosciuto. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza della CTR, ritenendo corrette sia le doglianze del contribuente che dell’Ufficio, volte in sostanza a colpire sotto il medesimo profilo la sentenza di secondo grado. Il verbale di contraddittorio redatto in sede di adesione, sebbene sottoscritto da entrambe le parti, non conteneva alcun riconoscimento dei costi da parte dell’Ufficio: in assenza di accordo, le rispettive posizioni erano rimaste inalterate, senza che le proposte formulate fossero in alcun modo vincolanti. Pertanto detto verbale non aveva alcuna rilevanza né valore probatorio: il giudice, per riconoscere un abbattimento dei costi, avrebbe dovuto motivare sul punto considerando che ciò è possibile solo se essi risultino da elementi certi e precisi, forniti dal contribuente, soggetto sul quale grava l’onere probatorio in tema di oneri deducibili. Peraltro l’Ufficio deve riconoscere una deduzione forfettaria dei costi solo in caso di accertamento induttivo puro, mentre ove venga effettuata una ricostruzione dei redditi con metodo analitico ovvero analitico presuntivo, non sussiste tale obbligo, dovendo in tali casi il contribuente dimostrare l’esistenza degli importi deducibili. A tal fine, prosegue la Suprema Corte, non è nemmeno sufficiente che la spesa sia contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo che esista anche una documentazione di supporto dalla quale ricavare, oltre il relativo importo, anche la ragione, inerenza e coerenza economica della stessa.

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