La proroga di 85 giorni dei termini di prescrizione e decadenza, introdotta dall'articolo 67 del dl. 18/2020 (dl Cura Italia) durante la crisi pandemica, non ha portata generalizzata e non si applica alle annualità successive al periodo emergenziale. È quanto afferma la Corte di giustizia tributaria di I grado di Latina, nella sentenza n. 974/03/23 del 25 ottobre 2023, ribaltando la posizione assunta dall'amministrazione finanziaria nelle circolari n. 11 e n. 25 del 2020. IL FATTO Il caso trattato dai giudici provinciali riguarda un avviso di accertamento emesso nell'anno 2023, seppur relativo al periodo d'imposta 2016, il cui termine “ordinario” scadeva al 31/12/2022. L'Agenzia delle entrate riteneva di aver agito in maniera legittima, potendo beneficiare, come da documenti di prassi formati dalla stessa, dell'estensione dei termini d'accertamento disposta dall'articolo 67 del dl. Cura Italia, pari ad 85 giorni, corrispondenti al periodo di sospensione delle attività di controllo avutasi dall'8 marzo al 31 maggio 2020, in piena emergenza COVID. La tesi dell'amministrazione finanziaria è che lo spostamento in avanti del decorso dei termini di prescrizione o decadenza operi non soltanto per gli accertamenti con scadenza collocata nel periodo emergenziale, bensì per tutte le annualità successive, contenenti nel loro “decorso” il periodo temporale 8 marzo - 31 maggio 2020. Per effetto di tale interpretazione, l'anno fiscale non si chiuderebbe al 31 dicembre di ogni periodo d'imposta, bensì sarebbe spostato in avanti di 85 giorni, cadendo perciò nel marzo del periodo d'imposta successivo. LA DECISIONE DELLA CGT I° GRADO LATINA Questa lettura viene completamente smontata dal collegio pontino, che opera una disamina della normativa, avvalorata da ragionamenti logico-giuridici a supporto. In primis, la Corte sottolinea che la normativa di riferimento, espressamente richiamata dal citato articolo 67 del dl. Cura Italia, risulta essere l'art. 12 del dlgs. 159/2015, che tratta la disciplina delle sospensioni disposte in occasione di eventi eccezionali, prevedendo che, in caso di sospensione dei termini relativi ai versamenti, siano parallelamente sospesi, per il medesimo periodo, i termini relativi alle attività di accertamento e riscossione, in favore dei diversi enti coinvolti. Ma ciò vale per l'anno in cui si è verificato l'evento eccezionale, dovendosi escludere ogni effetto “a cascata” sulle annualità successive. In definitiva, i termini di sospensione di decadenza e prescrizione vengono ampliati, in riferimento all'anno colpito dall'evento eccezionale, «per un corrispondente periodo di tempo» rispetto a quello riconosciuto in favore dei contribuenti. Non si comprende perché, affermano i giudici, tale principio non dovrebbe parimenti essere applicato alla sospensione disposta nel periodo emergenziale Covid 19, che è basata sulla medesima normativa di riferimento per la gestione degli eventi eccezionali (il citato articolo 12 del dlgs. 159/2015). La lettura combinata della normativa, perciò, porta a ritenere che si debba far esclusivo riferimento ai termini di prescrizione e decadenza che scadono nell'anno in cui è disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari per eventi eccezionali e cioè, nel caso del Covid 19, il 2020. La disamina del collegio pontino viene poi arricchita da un ragionamento logico, che richiama l'ulteriore provvedimento assunto dal legislatore durante la crisi pandemica, ovvero l'articolo 157 del dl. 34/2020, che ha disciplinato la sorte degli avvisi di accertamento scadenti nell'anno dell'emergenza, disponendo che gli stessi «sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022». Questa disposizione, oltre a completare il quadro normativo, sottolinea ancor di più l'iniquità dell'interpretazione secondo cui la proroga di 85 giorni si estenderebbe a cascata su tutte le annualità successive all'emergenza. Se per gli avvisi di accertamento che scadono al 31/12/2020, i più colpiti dall'emergenza, gli uffici dovevano comunque formare ed emettere gli atti entro il termine stabilito (31/12/2020) per poi notificarli l'anno successivo, sarebbe irragionevole pensare che, per gli accertamenti che scadono negli anni successivi, ovvero quelli meno colpiti dall'emergenza, si debba riconoscere agli uffici un termine più ampio di quello previsto nell'anno dell'emergenza. In sostanza, adottando questa teoria, si avrebbe questo scenario: per l'anno 2020, quello colpito dall'emergenza, l'anno in cui c'è stata la sospensione delle attività e dei versamenti, l'Ufficio finanziario avrebbe dovuto comunque espletare tutti i propri compiti nei termini, emettendo gli avvisi entro il 31 dicembre dell'anno 2020; per gli anni successivi, anni in cui l'emergenza si è riassorbita, con normale operatività degli Uffici finanziari, gli stessi avrebbero potuto beneficiare di un più ampio termine rispetto a quello previsto per il 2020 (anno dell'emergenza), potendo espletare i propri compiti con 85 giorni in più. Per la Cgt di Latina, la teoria della proroga “generalizzata”, che si estende a cascata sugli anni successivi, appare irragionevole ed illegittima.