Con l’emendamento 67.15, a firma dei senatori Dell’Olio, Dessì, Gallicchio e Conzatti, la formulazione del comma 4 dell’art. 67 del decreto Cura Italia (che ha ricevuto il via libera del Senato) ha assunto il seguente tenore: “Con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159.” La riformulazione appare, da un lato, poco appropriata e suscettibile di recare con sé solo difetti di coordinamento, peraltro difficilmente superabili, e, dall’altro lato, non pienamente convincente rispetto alla principale finalità che si voleva concretamente raggiungere, vale a dire disinnescare la proroga biennale dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti impositori in scadenza nel 2020, che è appunto la previsione normativa contenuta nel “famigerato” comma 2 dell’art. 12 del D.Lgs. n. 159/2015. Le modifiche apportate al decreto Cura Italia Quanto al primo aspetto, il richiamo ai soli commi 1 e 3 dell’art. 12 del D.Lgs. n. 159/2015 si risolve, di fatto, in una inutile duplicazione di norme già presenti nel decreto Cura Italia. Infatti, il richiamato art. 12, comma 1, impone un parallelismo temporale, ovvero “per un corrispondente periodo di tempo”, tra: - il periodo di sospensione dei termini di versamento di tributi, contributi previdenziali e assistenziali e premi per l'assicurazione obbligatoria, e - il periodo di sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione; che finisce per entrare in conflitto e per contraddire quanto già disposto dagli articoli 60, 61 e 62 del decreto. Infatti, i richiamati articoli hanno previsto periodi di sospensione dei termini di versamento di tributi, contributi e premi assicurativi differenziati e non coincidenti con il periodo di sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione. Invero, la sospensione dei termini di versamento è stata ancorata a una serie di variabili, dipendenti dalla tipologia di tributo, dall’attività svolta, dalla localizzazione delle attività esercitate e dall’ammontare dei ricavi o compensi del periodo d’imposta 2019, che ha generato un mappa temporale diversificata e affatto sovrapponibile al periodo di sospensione dei termini previsti per gli adempimenti e per l’accertamento, che sono stati invece autonomamente disciplinati e diversificati (anche al proprio interno) dal decreto Cura Italia. È, quindi, di plastica evidenza la contraddizione e l’asimmetria rispetto alla dilatazione disposta “per un corrispondente periodo di tempo” dal comma 1 dell’art. 12, adesso richiamato espressamente dal comma 4 dell’art. 67 del D.L. n. 18/2020. Per rendersi pienamente conto di questo disallineamento, è sufficiente richiamare il caleidoscopio delle sospensioni disposte dallo stesso art. 67, comma 1, dall’art. 83 e dall’art. 62, comma 1, del Cura Italia, che rispettivamente sospendono: - dall'8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori; - dal 9 marzo al 15 aprile 2020 il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali, inclusi quelli tributari per disposizione del successivo art. 83, comma 21; - gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020. Ciò posto, tralasciando la pleonastica ridondanza di carattere tecnico del richiamo al comma 3 dell’art. 12, ci si sofferma, invece, sul timore che, al di là delle buone intenzioni, non si raggiunga l’obiettivo di sterilizzare la proroga biennale dei termini di prescrizione e decadenza delle attività degli enti. Infatti, il mancato richiamo del comma 2 dell’art. 12 nel perimetro del comma 4 dell’art. 67 del decreto non esclude completamente che possa essere ritenuto, comunque, applicabile in occasione di eventi eccezionali, come sicuramente è qualificabile l’emergenza epidemiologica in atto. Nelle intenzioni del legislatore, la non applicabilità del comma 2 dell’art. 12 deriverebbe, quindi, dal non richiamare espressamente il citato comma 2 nel comma 4 dell’art. 67 o, ciò che è lo stesso, dal solo esplicito rimando ai commi 1 e 3 dell’art. 12. Come dire che la non applicabilità del comma 2 si desumerebbe per via implicita, ma la circostanza non rassicura affatto rispetto a una futura chiamata in causa della proroga da parte dell’Agenzia delle Entrate in sede accertativa. Sarebbe stato di gran lunga preferibile approvare e recepire l’emendamento 67.2, che, in sintonia con quanto chiesto dal CNDCEC nel proprio documento di proposte emendative datato 25 marzo 2020, prevedeva la sostituzione del comma 4 con la seguente previsione “I termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione che scadono entro la chiusura del periodo d'imposta in corso alla data dell'8 marzo 2020 sono prorogati, in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, per un periodo corrispondente alla durata della sospensione di cui al comma 1”. In conclusione Una soluzione, quella approvata in sede di conversione del decreto, che appare pasticciata e che non tranquillizza del tutto i contribuenti e i professionisti che, all’indomani dell’emanazione del D.L. n. 18/2020, si erano giustamente indignati e scandalizzati per la dilatazione temporale che l’Esecutivo aveva ritenuto di voler concedere all’Agenzia in relazione ai periodi d’imposta i cui termini di accertamento scadono nell’annualità in cui è stata disposta la sospensione dei versamenti e degli adempimenti. Speriamo proprio che l’ardua sentenza, oltre che i posteri, non debba riguardare anche le Commissioni tributarie.