L’agevolazione ACE è stata introdotta nel corso del 2011, per le società e le persone fisiche esercenti attività d’impresa in regime ordinario, con l’obiettivo di incentivare la patrimonializzazione delle società premiando, attraverso una deduzione fiscale, coloro i quali avessero incrementato il patrimonio netto delle proprie società mediante l’accantonamento degli utili a riserva o con l’apporto di altro capitale. L’agevolazione prevede la determinazione della base di calcolo ai fini ACE e la successiva applicazione alla stessa di un rendimento nozionale. Nel corso degli anni, il rendimento nozionale applicato ai fini ACE è stato il seguente: Periodo di riferimento Rendimento nozionale % 2012 3% 2013 3% 2014 4% 2015 4,50% 2016 4,75% 2017 1,60% 2018 1,50% 2019 1,30% 2020 1,30% 2021 1,30% - 15% 2022 1,30% 2023 1,30% La determinazione della base ACE avviene sommando algebricamente gli incrementi e i decrementi del capitale proprio intervenuti a partire dall’esercizio 2011. In particolare, sono considerati - elementi positivi di variazione del capitale proprio i conferimenti in denaro versati dai soci, includendo sotto tale cappello anche le rinunce incondizionate dei soci al diritto di restituzione dei crediti verso la società e la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti di capitale, e l’accantonamento di utili a riserva (tranne quelli accantonati a riserve non disponibili); - elementi negativi di variazione del capitale proprio le riduzioni del patrimonio netto contabile, per esempio tramite la distribuzione di riserve, gli incrementi delle consistenze di titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni e le operazioni in denaro che abbiano come oggetto il o impattino sul patrimonio di una o più società dello stesso gruppo (clausole anti abuso). Attenzione Sia le variazioni in aumento della base ACE, sia quelle in diminuzione, devono essere considerate pro rata temporis. In considerazione al fatto che l’agevolazione è stata recentemente abrogata dall’art. 5 del D.Lgs. n. 216/2023 a partire dall’esercizio 2024, potendo però riportare negli esercizi successivi l’eccedenza del rendimento nozionale senza alcun limite quantitativo né temporale, risulta essenziale calcolare correttamente l’incremento ACE del 2023 così da congelare l’eventuale eccedenza per gli esercizi futuri. Clausole anti abuso Le clausole anti abuso, definite all’art. 10 del D.M. 3 agosto 2017, definiscono quali variazioni in diminuzione del capitale proprio le seguenti operazioni: - i conferimenti in denaro a favore di società del gruppo; - l’acquisto di partecipazioni in società controllate già appartenenti al gruppo, o un incremento della quota partecipativa già detenuta; - l’acquisto di aziende o di rami di azienda da società del gruppo; - l’incremento dei crediti da finanziamento nei confronti di società del gruppo (prendendo come importo di riferimento l’importo dei crediti in bilancio 2010); - i conferimenti in denaro provenienti da soggetti domiciliati in Stati o territori che non consentono un adeguato scambio di informazioni, anche nel caso in cui non siano appartenenti al gruppo. Lo scopo di tali clausole è quello di evitare la duplicazione della base ACE all’interno del gruppo a seguito di operazioni eseguite dal gruppo attraverso l’apporto degli stessi apporti da parte dei soci. Finanziamenti intercompany di durata inferiore all’esercizio Nel caso di finanziamenti intercompany, la lettura della norma potrebbe suggerire la necessità di sterilizzare la base ACE dell’importo del finanziamento stesso a prescindere dalle caratteristiche del finanziamento. Ma nel caso di finanziamenti intercompany ponte, che non sono contabilizzati a incremento della partecipazione e che nascono e si estinguono nell’arco di uno stesso esercizio, questo potrebbe non accadere. Infatti, la determinazione della base ACE viene fatta utilizzando il valore del capitale proprio, al netto di eventuali incrementi e decrementi, al termine dell’esercizio, confrontandolo con il valore del capitale proprio di partenza al termine dell’esercizio 2010. Tutto quello che accade nel corso dell’esercizio ma che non appare nella situazione del bilancio, quindi, non deve essere preso in considerazione ai fini del calcolo ACE, nemmeno nel caso in cui si tratti di operazioni di finanziamento intercompany che dovrebbero essere invece oggetto di sterilizzazione se fossero a cavallo di anno e risultanti nel bilancio. Investimenti in titoli e in partecipazioni Un altro caso molto comune nella vita delle società con patrimonio rilevante è l’allocazione di parte della liquidità in titoli e altri valori mobiliari. Anche in questa situazione, qualora l’investimento risulti in sede di chiusura di bilancio, deve essere considerato univocamente come un’operazione da portare a riduzione dell’incremento del capitale proprio ai fini ACE. Nel caso in cui, negli esercizi successivi, la società disinvesta le somme investite, è possibile eliminare la variazione in diminuzione dal calcolo, ripristinando la situazione ante investimento stesso e calcolando l’incremento di capitale senza tenerlo in considerazione. Considerando che, però, il 2023 è l’ultimo esercizio sul quale calcolare l’agevolazione ACE, diventa essenziale cristallizzare il valore dell’incremento del capitale proprio in modo corretto, considerando tutti gli incrementi ma soprattutto i decrementi e le ipotesi di sterilizzazione della base ACE. Esempio di calcolo Si consideri come esempio il caso in cui, ad esempio, una società abbia, dal 2010: - accantonato riserve per utili per 3.500.000 euro; - distribuito dividendi per 400.000 euro; - acquistato titoli nel corso dell’esercizio 2022 per 150.000 euro; - disinvestito parte de titoli nel corso dell’esercizio 2023 per 75.000 euro; - investito in altri titoli nel corso dell’esercizio 2023 per 100.000 euro; - finanziato una società del gruppo a cui appartiene per 1.500.000 euro e il finanziamento risulti nel bilancio 2023. La società, considerando i soli incrementi derivanti dagli accantonamenti a riserve di utili e le distribuzioni di dividendi, dovrebbe avere una base ACE pari a 3.250.220 euro, ma come detto in precedenza è necessario considerare anche gli investimenti in titoli e i finanziamenti infragruppo. Il calcolo per determinare la base ACE prevede quindi: + accantonamento utili a riserve 3.500.000 - distribuzione dividendi - 400.000 - acquisto titoli 2022 - 150.000 + disinvestimento titoli 2023 + 75.000 - acquisto titoli 2023 - 100.000 - finanziamento infragruppo - 1.500.000 = 1.425.000 Il rendimento ACE della società per il 2023 sarà quindi pari a 1.425.000 x 1,30% = 18.525 euro. Tale rendimento potrà essere scomputato dal reddito imponibile ai fini IRES, purché lo stesso sia capiente. Qualora la società abbia un reddito imponibile ai fini IRES minore di 18.525, l’eccedenza ACE non utilizzata potrà essere riportata negli esercizi successivi e utilizzata a diminuzione del reddito imponibile fino a esaurimento della stessa. Tale possibilità di riporto non deve quindi essere sottovalutata, perché, un po’ come accade per le perdite fiscali, l’eccedenza ACE può rappresentare un tesoretto da spendere negli esercizi futuri.